Nuova attribuzione a un quadro di Girolamo da Treviso

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NUOVA ATTRIBUZIONE A UN QUADRO DI
GIROLAMO DA TREVISO

M. Bergamini

Il 25 aprile 2014, Vittorio Sgarbi, pubblica nella rubrica “Scoperte e rivelazioni”, sul settimanale “Sette”, la notizia di aver “riconosciuto l’autentico capolavoro di un pittore che porta a compimento lo spirito raffaellesco”. Tutto è iniziato quando Sgarbi dopo aver letto sulla rivista “Arte-Documento” (n° 29 del 2013), l’articolo di Lorenzo Finocchi Ghersi: “Moretto e Moroni in una Sacra Famiglia con santa Caterina”; in risposta a questa attribuzione scrive l’articolo “La famiglia ritrovata” nel citato periodico del “Corriere della Sera”:
“È con straordinaria sorpresa, ma anche con la personale soddisfazione e il compiacimento di verificare gli strumenti critici, che, ho riconosciuto un autentico capolavoro di Girolamo da Treviso il Giovane il quale è stato reso noto “da Lorenzo Finocchi Ghersi, studioso di pittura veneta, generalmente preciso e puntiglioso” nell’articolo pubblicato dal titolo: “Moretto e Moroni in una Sacra Famiglia con santa Caterina”.  Finocchi Ghersi – scrive Sgarbi - “vede formule sperimentate dal Moretto, al quale è propenso ad assegnare la paternità del dipinto, anche se con una parziale collaborazione del giovane allievo Moroni".
“È invece evidente – continua Sgarbi – che le fonti dirette  d'ispirazione del dipinto sono Raffaello e Parmigianino. Di quest'ultimo, in particolare, per il soggetto e per lo sfondo, la mirabile “Sacra famiglia” degli Uffizi, alla quale Girolamo da Treviso ha certamente guardato. Il pittore si mostra il più convinto e normativo interprete del classicismo raffaellesco, eletto a pressoché esclusivo modello, e senza alcuna concessione a stimoli diversi, e comunque periferici, come quelli della pittura bresciana.
Tutto, nella bella tavola, parla dell'osservanza e del fanatismo raffaelleschi di Girolamo da Treviso, come si manifesta nella Basilica di San Petronio a Bologna e nella Chiesa della Commenda di Faenza. È proprio davanti a quest'ultima impresa, con la Madonna nella bella quadratura architettonica, in dialogo con un diversamente scomposto bambino, e con la Santa Caterina identica alla stessa santa della nuova tavola, che si misura l'identità dell'autore. Per conseguenza, anche sulla datazione al "medio Cinquecento", ovvero tra 1546 e 1549, è impossibile convenire. Girolamo da Treviso, infatti, nato nel 1498, era già morto (1544) nel tempo indicato da Finocchi Ghersi”..




Faenza. Chiesa della Commenda nel Borgo Durbecco. Girolamo da Treviso il Giovane (1497 ca - 1544) Affresco absidale, 1533 particolare. Madonna col bambino tra le sante Maddalena e Caterina, e Fra Sabba da Castiglione.
Faenza. Chiesa della Commenda nel Borgo Durbecco. Girolamo da Treviso il Giovane (1497 ca - 1544) Affresco absidale, 1533 particolare. S. Caterina di Alessandria.
Girolamo da Treviso il Giovane, Sacra famiglia con santa Caterina, olio su tela(133x99 cm).

L’articolo di Sgarbi sul “Sette” si conclude descrivendo l’impegno artistico in Emilia-Romagna di Girolamo da Treviso:
“Della sua formazione artistica veneziana sappiamo poco, anche se possiamo riferirgli il gruppo di dipinti, intorno al 1515, già attribuiti a Savoldo da Roberto Longhi (evidentemente le opere del pittore hanno una misteriosa attrazione bresciana). Ma già nel 1519, al seguito del vescovo Bernardo De Rossi, Girolamo da Treviso si trasferisce a Bologna dove, all'inizio del terzo decennio, Vasari lo ricorda attivo nella Cappella di Santa Maria della Pace in San Petronio, insieme a Giacomo Francia e Biagio Pupini, Innocenzo da Imola e Bartolomeo Ramenghi, tutti in diverso modo interpreti della lezione raffaellesca, incardinata a Bologna con l'arrivo della pala di santa Cecilia per San Giovanni in Monte nel 1515. Come oggi Finocchi Ghersi, anche il Longhi non riconobbe Girolamo da Treviso, confondendolo con il ferrarese Girolamo da Carpi, nella pala per l'altare maggiore della Chiesa dell'Ospedale di San Biagio. Nel 1525 Girolamo dipinge i Miracoli di Sant'Antonio da Padova per la Cappella Saraceni in San Petronio, e, poco dopo, le Adorazioni dei Magi, ora alla National Gallery di Londra e al Museo Civico di Treviso. In queste opere s'incrociano suggestioni di Garofalo, Girolamo da Carpi, Dosso Dossi e soprattutto del Parmigianino. Come stimato e richiesto maestro, e sempre in ambito raffaellesco, Girolamo lavora con Giulio Romano in Palazzo Te a Mantova e con Perin del Vaga a Genova. Dopo un ritorno a Venezia, favorito dall'amicizia con Pietro Aretino, che lo appella "compare", lo ritroviamo agli inizi del quarto decennio (1532) a Castel Bolognese e, finalmente, a Faenza, dove firma e data (1533) gli affreschi per la chiesa della Commenda su commissione di Sabba da Castiglione per il quale non è da escludere Girolamo abbia dipinto anche la tavola che stiamo esaminando, in considerazione delle così evidenti affinità. La critica gli riconosce il compimento dello spirito raffaellesco con stimoli di Correggio, Pordenone e Parmigianino, ben evidenti nel nuovo, saporito dipinto”.


“L’estasi di Santa Cecilia” di Raffaello.  Il dipinto del silenzio!


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 Faenza, Borgo Durbecco, Chiesa della Commenda. Girolamo da Treviso il Giovane, affresco absidale, 1533, particolare: Fra Sabba da Castiglione inginocchiato in preghiera, in divisa dell'Ordine dei cavalieri giovanniti, con bracciali, stocco, ginocchiere, elmo con cimiero, catena d'oro e anello, rivolto alla Vergine col Bambino e S. Giovannino.


Nel 2015 a palazzo Fava, a Bologna, Vittorio Sgarbi allestisce la mostra “Da Cimabue a Morandi”. L’esposizione ha suscitato la reazione di eminenti esperti d’arte concretizzata in una lettera firmata da 130 studiosi che hanno definito la mostra priva di un disegno storico. Nella missiva si criticava soprattutto il fatto che i musei civici bolognesi prestassero le loro opere alle istituzioni private. Nell’occasione accanto a significative opere quali una Crocifissione del 1390, di Simone di Filippo, allievo di Vitale, che risente dell’influenza di Giotto e dell’espressivo gotico bolognese, appare una Madonna col Bambino del 1495 di Cima da Conegliano,  di seguito L’adorazione del Bambino del 1505 di Lorenzo Costa, segue  Una Sacra famiglia con san Giovannino del 1527-28 di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, in cui è palese  il cromatismo dei ferraresi, e quindi l’assonanza con Raffaello. Ma cosa più importante, viene esposta per la prima volta dopo l’interpretazione che ne ha dato Sgarbi, confrontando il dipinto su tela con l’affresco della Commenda, la Sacra Famiglia con santa Caterina d’Alessandria del 1533 di Girolamo da Treviso. L’opera principale della mostra è “L’estasi di santa Cecilia”, realizzata nel 1513 da Raffaello e collocata in San Giovanni in Monte nella cappella, dedicata alla stessa santa, di proprietà della nobildonna Bolognese Elena Duglioli. Sono questi i quadri che di quella mostra mi hanno più emozionato, e che ancora a distanza di anni mi rimembrano. Ma che un affresco conservato a Faenza sia stato il nesso per un riconoscimento di un “autentico capolavoro” mi riempie di soddisfazione.

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