Il Tricolore e i Manfredi

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Il Tricolore e i Manfredi
Le radici della bandiera italiana nelle signorie del tardo Medioevo

Michele Orlando

   Sono ben note le origini tardo settecentesche del Tricolore italiano, che rimandano al settembre 1794, quando due studenti patrioti dell’Università di Bologna, Luigi Zamboni e Giovanni Battista de Rolandis, infiammano i Bolognesi di ardor patrio, intenti a restituire al Comune felsineo l’antica autonomia perduta e una nuova identità politica e spezzando definitivamente la soggezione allo Stato della Chiesa. I due universitari associano così il bianco e il rosso delle proprie città natie (Bologna e Asti) al verde della speranza che ‘tutto il popolo italiano segua la rivoluzione nazionale da noi iniziata, che cancelli que’ confini segnati dalla tirannide forestiera’.
Il 7 gennaio 1797 le città di Modena, Ferrara, Bologna, Reggio Emilia, costituite in Repubblica Cispadana, decretano di accogliere e di «estendere universalmente la Bandiera Cispadana di tre colori: verde, bianco, rosso». Da quel momento l’insegna assume un notorio significato di libertà e si colloca con onore e popolarità nella sua tipologia tra i molti simboli sorti in quel periodo.
Sul Tricolore italiano – è il caso di dire – se ne dicono di tutti i colori. Il Tricolore è nella poesia del Carducci, del Pascoli, del Pezzani, di Ada Negri. Si è detto persino di origini spagnole o radici massoniche. Ma sono argomenti che qui non approfondiamo. Piace ricordare però che non meno presente è nelle terzine dantesche (Purg. XXIX, 121-126), quando si legge che
Tre donne in dalla destra rota
venian danzando; l’una tanto rossa
ch’ a pena fora dentro al foco nota;

l’altr’ era come se le carni e l’ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa.

Appare un po’ azzardato, certo, pensare a una visione profetica dei colori che sarebbero brillati sulla bandiera della sua patria rinata a vita nuova dopo quattro secoli, ma non si può nemmeno negare una lettura su più livelli delle terzine dantesche, specie quando si legge (Purg. XXX, 30-33) che
sovra candido vel cinta d’uliva
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.
Il Carducci, che aveva poeticamente mitificato Dante, in un certo senso rilegge il poema, evidenziandone i tratti somatici dell’allegoria e della visione delle tre donne quali simboli delle tre virtù teologali, verde-speranza, bianco-fede e rosso-carità, proprio in occasione della commemorazione – il 7 gennaio del 1897, a Reggio Emilia – del 1° centenario della nascita del Tricolore. ‘Quei colori – spiega il Carducci davanti al Re – parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle tre sacre virtù onde la patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena che fa divina l'anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de' poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi’. Ma il simbolismo poetico si fa più evidente quando nel corso del Trecento le signorie cittadine e le società comunali della valle padana si raffinano nel gusto e nella cultura. L’emblema del Tricolore per la prima volta è presente nella famiglia Gonzaga.

Francesco, capitano di Mantova dal 1383, fa decorare con affreschi sui mezzanini prospicenti la piazza Sordello del vecchio edificio Bonacolsiano (detto poi appartamento della Guastalla): appare nitido un elmo bianco con bianco mantelletto su fondo alternativamente verde oppure rosso. Una delle più antiche imprese della famiglia è costituita dalla rosa gonzaghesca, la quale mostra una corolla variopinta a tre zone concentriche, verde nella parte interna, bianca nell’intermedia e rossa alle estremità dei petali. Imprese araldiche gonzaghesche tricolori si rinvengono nei fregi superiori di due stanze dell'appartamento detto della Croce Rossa in palazzo Ducale, costituiti da tre file sovrapposte di squame, la superiore bianca, la media rossa, l'inferiore verde; in un inventario del 1407, redatto dopo la morte di Francesco Gonzaga, che cataloga ‘banchalia duo in campo viridi, cum tribus rosis magnis, una rubea in medio, una alba pro quolibet capite’; su una cassa nuziale di Elisabetta Gonzaga, sposa nel 1489 del duca di Urbino Guidobaldo di Montefeltro, oggi nel Victoria and Albert Museum di Londra; o su una bandiera veneziana, che riporta un’impresa quadripartita riferita a Gianfrancesco Gonzaga di Sabbioneta (1478-1484).



Cassa nuziale di Elisabetta Gonzaga.


Pisanello, Ritratto di principessa estense’ (1435-1445), al Louvre di Parigi.



 Adorazione dei Magi (1440-1459), Maestro dell’Adorazione di Ferrara.


Maestro del De civitate Dei di S. Agostino, Biblioteca Malatestiana di Cesena.



Il motivo ornamentale a fasce verticali rosse e verde su fondo bianco ricorre in alcune rocche veronesi del tempo degli Scaligeri. Il Tricolore campeggia in modo più nitido nel ‘Ritratto di principessa estense’ (1435-1445) del Pisanello al Louvre di Parigi  o sulla finta frangia a strisce bianche, rosse e verdi dell’‘Adorazione dei Magi’ (1440-1459) del Maestro dell’Adorazione di Ferrara. Giovanni Battista Pigna, nell’Historia de' principi di Este (1570), ci informa che quando il duca Borso si recò a Roma nel 1471, portò con sé un gran numero di muli ‘con panni sopra bianchi, rossi et verdi, colori della livrea di Borso, secondo la quale erano parimenti vestiti ottanta huomini che seguivano a pie’’. Eleonora d'Aragona, sposata con Ercole d’Este, sosta a Roma nel palazzo del Cardinale Girolamo Riario, trovando allestito un letto nuziale coperto da sei pezze di panno bianco, rosso e verde e a Ferrara il cronista Gasparo Sardi, nelle Historie Ferraresi (1556), dice che la attendeva un addobbo delle strade della città con panni tricolori, ‘per vias, albis, viridibus ac purpureis pannis undique tectas’.
Un’ordinanza del 19 ottobre 1397 della duchessa di Milano Caterina Visconti, moglie di Giangaleazzo, conferma che i servitori del comune di Milano portano una divisa bianca, rossa e verde: ‘aggregare debeatis numero servitorum communis Mediolani induentibus sectas seu divisas albi, rubei, viridisque, qui esse dicuntur numero viginti unius’. È di Lorenzo il Magnifico invece l’impresa medicea con le tre piume in un anello, illustrata da Paolo Giovio con il significato simbolico secondo cui ‘Dio, amando, fioriva in queste tre virtù, Fides, Spes, Charitas, appropriate a questi tre colori, la Fede candida, la Speranza verde, la Charità ardente, cioè rossa’.
Alla metà del ’400 risale invece una delle pagine più belle della Biblioteca Malatestiana di Cesena, sulla quale il Maestro del De civitate Dei di S. Agostino riproduce lo stemma della signoria, un graticcio a stecche alternativamente bianche, rosse e verdi, con borchie dorate.









Particolare della Sala viride (o verde), detta anche delle stelle,
Palazzo Manfredi, Comune di Faenza.

Impresa manfrediana, nella Esposizione delle sette visioni dell'Apocalisse di Niccolò di Lira,
 Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.


Il tricolore lo rinveniamo pure presso la sede della signoria dei Manfredi di Faenza. Le tre sale nella loggia superiore del palazzo del popolo faentino prendevano il nome dai loro colori: la sala rubra (o rossa), detta delle rose, corrisponde a quello che è stato poi il salone del cessato Consiglio comunale; la camera alba (o bianca) ora non c’è più, essendo stata incorporata alla metà del Seicento in quella d'ingresso al palazzo per farne un’unica aula; la camera viride (o verde), detta anche delle stelle, era quella da letto dei Signori e ha ancora la bella bifora con traccia di dorature. Preziosa è pure una lettera del 4 settembre 1454, nella quale Astorgio II Manfredi si rivolge a Giovanni di Cosimo de’ Medici a proposito di una precedente commissione di arazzi e cortine, pregandolo che ‘quelle saie bianche rosse et verdi me le mandiati qua’. Infine c’è Galeotto Manfredi, il principe più illustre del casato, nella Esposizione delle sette visioni dell'Apocalisse di Niccolò di Lira celebrato in un’impresa con fasce a zig zag in successione rosse e verdi.


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