Rubaconte da Mandello

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Biografia di Rubaconte da Mandello

Miro Gamberini

La data di nascita non è certa, molto probabilmente nacque a Milano attorno al 1170. La sua attività politica inizia nel 1196 quando ricopre la carica di console del Comune di Milano per poi passare nel 1200 alla mansione di consigliere comunale. Anni in cui lo troviamo assieme ai Cremonesi in lotta contro Crema per il possesso di Castel Leone (oggi Castelleone (Cremona))  ove Milano venne sconfitta, perdendo nella battaglia il simbolo del comune ossia “il Carroccio”. Lasciate queste cariche importanti ma non soddisfacenti si dedica alla carriera di Podestà. Il suo primo incarico l’ottiene nel 1202 diventando Podestà di Novara, promovendo la demolizione degli edifici abusivi che erano stati edificati contro le mura di cinta romane all’interno della città, ma costruendo nel contempo un borgo poco distante dal fiume Sesia, fortificandolo con una torre di avvistamento a guardia e controllo dei traffici della pianura per la Valsesia. Nel 1205 - 06 è Podestà a Verona ove deve dirimere le lotte interne tra i conti di San Bonifacio e i Montecchi, senza però ottenere risultati soddisfacenti. Lasciata la Podesteria  di Verona, dopo due anni viene richiamato e riconfermato nella carica nel 1208. Torna nuovamente alla guida del Governo di Novara nel 1220. Passano alcuni anni in cui non si hanno notizie delle sue attività fino al 1229, ove troviamo Rubaconte da Mandello al centro di una  congiura nobiliare organizzata dalle famiglie Colleonio, Rivola e Suardi, le quali cacciano il Podestà Pagano della Torre, nominato dal legato pontificio cardinale Goffredo da Castiglione (il futuro Papa Celestino IV), e designano Rubaconte da Mandello Podestà di Bergamo. Di fede ghibellina, come prima disposizione fece scarcerare gli eretici e li protesse. Contribuì allo sviluppo delle miniere delle valli bergamasche ricche di argento, rame e ferro promulgando i “Capitularia de metallis” volti a vietare  l’esportazione del metallo in altri comuni rivali di Bergamo che ne erano privi, emanando che “tutti i metalli del territorio debbano essere portati nella città di Bergamo”, con pene e multe per chi non rispettava tali disposizioni.


  Stemmi araldici del Podestà
  Rubaconte da Mandello

Nel 1231 risulta Podestà di Arezzo, chiamato in quell’incarico dal “cugino” Alberto da Mandello podestà di Firenze, per consolidare l’alleanza tra le due città, alleate nella continua guerra contro Siena. Ritornato a Bergamo entrò subito in contrasto nel 1233 con  il vescovo Giovanni, il quale insorse contro i “Capitularia de metallis”. Il contenzioso, dopo alterne vicende, si concluse il 14 giugno 1235, quando il Vescovo di Brescia, delegato dal Papa Gregorio IX, chiamato a decidere giudicò che i paesi delle miniere di Gromo e Ardesio, avevano tutti i diritti di lavorare in loco i minerali (1). Prima della fine del suo mandato avvenuta nel 1235 porta a termine un canale di irrigazione denominato “Seriola Nova” il quale inizia nei pressi di Bergamo, attraversa il territorio di Vettianica e termina nelle campagne dei comuni di Levate e Verdello.  Dal 1235 al 1237 è Podestà di Faenza, distinguendosi come abile comandante della “cavalleria faentina”  tanto da essere richiesto da Bologna e dalla Lega Lombarda nelle “scorribande” contro Modena e Federico II.  Nel 1237 Rubaconte da Mandello diventa Podestà di Firenze, iniziando nel medesimo anno la costruzione di un ponte  nel luogo ove oggi sorge il Ponte alle  Grazie: “egli fondò con sua mano la prima pietra, e gettò la prima cesta di calcina” (Villani Cronica volume VI capitolo 26).
Era costruito interamente in pietra, a nove arcate, nel punto più ampio del fiume su disegno che Giorgio Vasari riconduce all’architetto Lapo ossia Jacopo Tedesco. Venne subito denominato “Ponte di Rubaconte” e come Ponte Vecchio era contornato da un certo numero di costruzioni in legno, perlopiù tabernacoli poi trasformati nel 1471 in cappelle, romitoi e botteghe. Fatto saltare dai tedeschi nell’agosto del 1944, è ora sostituito dal Ponte alle Grazie inaugurato nel 1957. Rubaconte è citato da  Dante nel Purgatorio, (canto XII vv.100 - 105) :


Scontro tra Angioini e Aragonesi in una miniatura del Codice Chigi.
Roma Biblioteca Apostolica Vaticana.

“Come a man destra per salir al monte / dove siede la chiesa che soggioga / la ben guidata sopra Rubaconte /  si rompe del montar l’ardita foga / per le scalee che si fero ad etade / ch’era sicuro e’l quaderno e la doga”, perifrasi per indicare come per salire all’epoca alla chiesa  di San Miniato al monte, che domina dall’alto la ben governata Firenze, in vicinanza del ponte sull’Arno appellato Rubiconte, si rende meno difficile l’ascesa per mezzo delle scale che si fecero in un’età in cui non si commettevano frodi né si falsificavano i libri dei conti pubblici né le misure. Anche il poeta e novelliere Franco Sacchetti ( Ragusa di Dalmazia,1332 – San Miniato 1400), podestà di Faenza dal maggio del 1396 al 15 aprile 1397, nella sua celebre raccolta “Trecentonovelle” dedica a Rubaconte la novella numero CXCVI (196), esaltandone la sua dote di uomo giusto e paragonando le sue sentenze, prese nella novella a quelle di Salamone, ma sempre in una visione di allegria e condita con un profondo senso morale. A Rubaconte da Mandello si deve inoltre la lastricatura di molte strade cittadine, “per lo quale acconcio e lavorio la cittade di Firenze divenne più netta, e più bella, e più sana” (Villani Vol. VII, cap. XXVI).  Sotto la sua podesteria si coniò la prima moneta fiorentina, il fiorino d’argento con impresse le figure del giglio e del Battista, a rigogliosa riprova dell’autonomia ottenuta dal Comune. Tra i compiti del podestà vi era quello di intervenire tra i conflitti che sorgevano tra guelfi e ghibellini non solo cittadini, ma anche all’esterno del comune. Nel 1237 fu chiamato ad arbitrare, per il suo prestigio un conflitto sorto tra i nobili e il popolo di Pistoia.

Nel luglio del 1237 è richiesto il suo intervento nelle trattative di pace tra San Geminiano e Volterra in conflitto dal 1236, sostenendo in maniera tendenziosa la “città delle cento torri”, ma respingendo con fermezza un tentativo di corruzione intentato dai volterrani verso il nipote Arnaldo; la tempestiva denuncia aumentò il suo prestigio di diplomatico. Nella battaglia di Cortenuova del 27 novembre 1237 i due suoi figli Uberto e Ruffino vengono catturati dall’imperatore Federico II, poi rilasciati alcuni anni dopo in seguito al  pagamento di un riscatto. Firenze nell’estate 1238 assunse una posizione filo imperiale che mantenne per i successivi dodici anni abbandonando l’alleanza con Milano, e generando in Rubiconte un profondo malessere. Entrato in conflitto con il vescovo Ardingo venne accusato di eresia e nel giugno del 1238 fu costretto a lasciare la città a Gerhard di Arnstein, funzionario imperiale. Di lui non si hanno più notizie.

Nota

1) Le notizie sulle miniere di Gromo e Ardesia sono tratte  dal “Piano di Governo del territorio di Gromo (BG)” del 2011.

Articolo correlato: La battaglia di Burfagliaco 11 maggio 1236

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