Filippo Severoli

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Filippo Severoli
di Beppe Emiliani



    Il Conte Filippo Severoli nasce a Faenza nel 1762, giacobino entusiasta si innamora da subito della Rivoluzione Francese e per tutta la vita porterà sempre nel cuore i suoi ideali. Con la discesa di Napoleone in Italia, quando anche Faenza è assoggettata ai francesi, diviene uno dei membri del governo provvisorio di Romagna. Affascinato dalle imprese belliche del condottiero corso, si arruola nell’esercito e consegue in breve tempo il grado di colonnello. Nel 1800 è promosso generale di brigata e partecipa alla seconda campagna d’Italia. Nel 1806 partecipa all’occupazione del Regno di Napoli e ha un ruolo di primo piano nella repressione del brigantaggio. Nel 1807 viene mandato a coadiuvare il generale Pietro Teulié che con la sua divisione stringe d’assedio alla piazzaforte di Kolberg. Alla morte del Teulié, Filippo Severoli prende il comando delle operazioni. Il primo luglio le truppe italiane hanno finalmente ragione sulla guarnigione prussiana di Kolberg. Nel 1809 la divisione Severoli prende parte alla guerra della quinta coalizione sotto il comando di Eugenio di Beauhrnais. Combatte a Sacile il 16 aprile. In giugno si sposta in Ungheria e combatte nella battaglia di Raab.


Generale Filippo Severoli.


Carica di cavalleria


La battaglia dei Camolli (Pordenone)

Il campo di battaglia del 16 aprile è il poligono a cinque lati formato dalle strade di Sacile, Fontanafredda-Tamai, Tamai-Brugnera, Brugnera-Sacile. All’alba, lo schieramento francese (comandato da Seras, Severoli, Broussier, Berthier, Grenier, Barbou e Sahuc) si muove verso Porcia dopo aver espugnato Palse. Frimont effettua allora alcune rapide contromosse e riesce a lanciare la sua cavalleria sulle truppe di Severoli: gli Italiani devono ripiegare con i Francesi di Seras che riesce tuttavia a lanciare una nuova e vincente offensiva su Porcia. I Francesi, appena entrati in paese, vengono attaccati dagli Austriaci della Brigata Colloredo proveniente da Rorai Piccolo. Il generale Grenier distacca una brigata per lanciarla contro quella di Colloredo che è costretta a ripiegare mentre gli Austriaci si portano in avanti con le riserve: Grenier e Seras intensificano l’offensiva e si giunge ad un feroce corpo a corpo per le strade di Porcia. L’Arciduca Giovanni lancia il I Corpo verso Fontanafredda e blocca Broussier che avanzava per supportare Grenier su Porcia, mandando in crisi tutto lo schieramento della sinistra francese. Le truppe franco-italiche sono ormai sulla difensiva ma per evitare il disastro totale Eugenio ordina il ripiegamento: la divisione di Grenier, le truppe di Broussier, la cavalleria di Sahuc iniziano la ritirata verso Sacile mentre le divisioni di Seras e Severoli ripiegano su Brugnera. Broussier e Grenier, pressati dagli Austriaci, si difendono ma giungono logorati a Sacile, segnando la fine della battaglia dei Camolli e la vittoria austriaca.

Dopo la vittoria in questa battaglia, cinge d’assedio 18.000 austriaci a Presburgo, impedendo a queste numerose truppe di combattere contro Napoleone a Wagram. E’ in seguito a queste campagne militari che a Filippo Severoli viene assegnata la Legion D’Onore e nominato conte dell’Impero da Napoleone stesso. Nel gennaio 1810 è inviato in Spagna per sostituire il generale Domenico Pino. In primavera combatte all’assedio di Hostalrich e nei pressi di Terragona. Nel corso dell’estate si trova a dover fronteggiare innumerevoli azioni di guerriglia da parte degli spagnoli. Tornato in Italia, il 4 luglio 1811, parte da Milano con 9.000 uomini diretto nuovamente in Spagna. Ai primi di settembre raggiunge Pamplona dove stabilisce il proprio comando. Gli viene ordinato di presidiare un area che si estende dalla Navarra all’Aragona. A fine dicembre si sposta a Valencia per dar manforte alle truppe che assediano la città. Il 9 gennaio le truppe spagnole che difendono la città si arrendono. Alla fine dello stesso mese viene inviato a conquistare la fortezza di Peniscola. Nel giugno 1813la sua divisione combatte con successo nella difesa di Terragona, attaccata via mare da un corpo di spedizione inglese. Nel gennaio 1814 è richiamato in Italia con la sua divisione. Subito il vicerè Eugenio gli affida il compito di difendere Piacenza e di occupare Parma. Incarico che Severoli svolge con straordinaria efficienza e coraggio contro le truppe della sesta coalizione, di gran lunga superiori di numero.
Il 7 marzo 1814, la sua divisione è attaccata, nei pressi di Reggio Emilia, dalle truppe del regno di Napoli comandate da Gioacchino Murat, passato allo schieramento anti-napoleonico. Durante questa ultima battaglia, Filippo Severoli è ferito gravemente ad una gamba da un colpo di cannone. Costretto a cedere il comando, subirà poi l’amputazione dell’arto.

Il racconto del ferimento di Filippo Severoli
come lo racconta
Alessandro  Zanoli nel libro:
"Sulla Milizia Cisalpini-Italiana cenni storici-statistici dal 1796 al 1814"

     Ai 4 marzo, Murat avendo ricevuto la rettifica del trattato dalle potenze alleate, non che le tristi notizie sullo stato dell'esercito di Napoleone, deliberò di agire, perché ragioni politiche l'obbligavano a condursi riguardi. Egli aveva tenuto un contegno così misurato nel movimento operato verso Piacenza, il 17 febbraio, da non obbligare il vicerè a lasciare la linea del Mincio, e successivamente alle fazioni di Grenier si era appostato a Modena
     Ivi ebbe serie discussioni con lord Bentinck. La prima divisione anglo-siciliana era sbarcata a Livorno, il 28 febbraio. Comparve in quell'occasione un manifesto del principe ereditario di Sicilia, col quale rivendicava altamente i suoi diritti al trono di Napoli. Ne conseguitò oltre un disaccordo tra i Siciliani e i Napoletani (occupanti la Toscana, sotto gli ordini di Lechi Giuseppe, dianzi passate alle insegne di Murat), che Gioachino pigliò motivo da questa manifestazione di concentrare il suo esercito a Modena, dichiarando di volervi restare immobile. Bentinck si lagnò assai di una simile risoluzione, e minacciò di fare attaccare Napoli per mare. Murat alla sua volta producendo l'atto del principe siciliano, rimproverava amaramente di essere stato tradito, e protestò di voler operare contro l'esercito comandato dal vicerè. Tale dissidio avrebbe sicuramente cagionata una rottura, se l'Inglese, che voleva ad ogni costo evitarla, non si fosse affrettato a dichiarare che l'Inghilterra accettava il trattato conchiuso coll'Austria, e che perciò egli faceva disapprovare la dichiarazione sopraccitata.
     Dopo di ciò, Murat, che non ebbe più nulla a prestare, si acchetò.
    Il 6 marzo gli alleati passavan la Secchia. La vanguardia italiana attaccata da forze esuberanti (cui non ebbe che 300 uomini da opporre) fece una resistenza eroica. Respinse le cariche della cavalleria, soffrì imperturbabilmente il fuoco delle artiglierie e della moschetteria, e rigettò l'intimazione di arrendersi. Murat istesso, ammirato di questo valore, corse per preservarla dall'esterminio della cavalleria alleata che combatteva venti contro uno; le due compagnie, comandate dal capobattaglione Amelin, furono distrutte, un solo ufficiale ed 11 soldati rimasero prigionieri, i cacciatori a cavallo si salvarono, ma soffersero essi pure grave perdita. Il 7, Murat col grosso del suo esercito trattenevasi a Modena, e voleva pur dar tempo a Severoli di ritirarsi; ma intanto gli Austriaci con dei Napoletani (18.000 uomini circa) si avanzarono verso Reggio; Severoli stette in posizione coi tre battaglioni italiani e i due francesi, seguiti in seconda linea da pochi drappelli del 1° e 3° cacciatori a cavallo ed uno squadrone di dragoni Napoleone (in tutto appena 3000 uomini, cioè un sesto della forza nemica). Si collocò a cavallo della strada postale, immediatamente dietro al ponte San Maurizio, sul piccolo torrente detto il Rodano, e malgrado l'immensa sproporzione delle forze, la pugna si appiccò con estremo vigore. La resistenza dei tre battaglioni italiani contro gli alleati fu superiore ad ogni elogio. Il colonello Porro, comandante la prima brigata, ebbe due cavalli posti fuori di combattimento, fu egli stesso gravemente ferito, e venne surrogato nel comando del
1° reggimento dal capobattaglione Couche. Ad onta che il generale Severoli, quasi al principio dell'azione, avesse una coscia asportata da un colpo di cannone, pure le sue schiere, senza scomporsi; sostennero tutti gli attacchi del nemico. Egl, mutilato, fa chiamare il generale Rambourgt, imperturbato gli disse: «La mia ferita è cosa di poca entità per un combattimento si glorioso, surrogatemi, tenete fermo, e continuate a fare onore alle armi italiane». È singolare fatalità che Severoli ogni volta che si mostrava al nemico fosse ferito, e venisse poi colto dall'ultimo colpo di cannone italiano sparato in Italia! Il generale Rambourgt, assunto il comando, ostò per lungo tempo al nemico, finalmente sopraffatto fu costretto a rientrare in Reggio, ed unirsi agli altri tre battaglioni francesi, colà comandati dal generale Soulier.




Disegni di Patrice Courcelles & Jack Girbal. Scontro tra francesi e austriaci.


Finita l’era napoleonica, sebbene fosse un generale napoleonico, per il suo straordinario valore e coraggio, gli fu concesso di essere inquadrato nei ranghi dell’esercito imperiale Asburgico con il grado di Tenente Maresciallo e gli fu affidato il governo di Piacenza dal 1820 al 1822, quando si ritirò a causa di una grave malattia, forse legata alle ferite riportate in guerra. Morì nello stesso anno. Le sue spoglie riposano a Fusignano, dove la sua famiglia aveva una villa, nell'Oratorio dell'Angelo Custode. Filippo Severoli è’ stato una figura importante della storia faentina e italiana, infatti è stato il primo generale italiano ad avere generali francesi ai suoi ordini. Napoleone lo stimava moltissimo al punto da conferirgli il titolo di conte di Hannover e da volere il suo nome, unico tra gli italiani, scolpito nell’Arco dell’Etoile a Parigi.




                                                    



























Particolare del Pilastro Ovest
colonna 36 colonna  dell’Arco di Trionfo di Parigi in cui è scolpito il nome del Generale Filippo Severoli.



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