La propaganda dei simboli nella Repubblica Cisalpina
di
Miro Gamberini - Vittorio Maggi
PREMESSA
Tutte le enciclopedie del mondo recitano che la propaganda è una forma
di comunicazione intesa come tentativo di influenzare, tramite la
diffusione di idee e informazioni, una persona. Per raggiungere lo
scopo, la propaganda, assunse nel corso dei secoli un ruolo rilevante
soprattutto col procedere del livellamento della società. Tale attività
pur mantenendo storicamente sempre la medesima struttura di fondo, a
partire dalla fine dell’Ottocento assunse forme e dimensioni mai viste
prima negli ambiti di politica, cultura e informazione. Utilizzata al
tempo dei Romani, da Cesare, per accrescere la propria reputazione a
Roma fino al tempo del Nazismo tramite un uso dei mezzi di
comunicazione di massa, fu sapientemente utilizzata, alla fine del
Settecento dalla Rivoluzione Francese, nella formazione e nel
condizionamento dell’opinione pubblica mediante una simbologia
penetrante e persuasiva come mezzo di promozione di educazione politica
che si rifaceva ai principi fondamentali di uno Stato libero e attento
in cui si conservava la giustizia, l’uguaglianza, e la prosperità.
La simbologia come mezzo di
comunicazione
A
parte due brevi parentesi in cui le armate austro-russe, a sostegno del
pontefice, avevano ripreso il controllo dei
territori dello Stato della Chiesa, la prima tra l’11 giugno 1799 e il
13 luglio 1800 e la seconda molto più breve tra l’8 dicembre 1800 e il 21
gennaio 1801, i francesi fino al 1815 misero radici in Romagna, diffondendo un
clima di rinnovamento sociale, culturale ed economico che si era prima
propagato oltralpe in seguito alla Rivoluzione Francese. Le
guerre come si sa hanno sempre provocato consistenti mutamenti istituzionali e
i nuovi soggetti che sono succeduti ai precedenti hanno sempre cercato di
costruire un diverso rapporto tra il cittadino e lo Stato così la necessità di
discutere e informare è divenuta sempre più urgente e importante. La
situazione successiva al 1796 fu un fiorire di testi a stampa come bandi,
editti, circolari, notificazioni, inviti, opuscoli e carta intestata; grande
popolarità fu raggiunta da almanacchi, satire e canzoni. La
vastità della documentazione prodotta durante la Rivoluzione Francese dimostra
che la scrittura ebbe un ruolo predominante. I
francesi infatti non lasciarono nulla al caso per trasmettere il più
velocemente possibile le loro nuove idee e una nuova politica e lo scopo di
trasmetterle fu la preoccupazione dominante del gruppo dirigente che scaturì
dalla Rivoluzione Francese che capì immediatamente l’importanza delle immagini
come mezzo di convinzione più diretto.
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A destra la Repubblica tende la mano ad una figura femminile che rappresenta la città di Faenza.
A fianco della Repubblica un bambino appoggiato al fascio littorio.
Alle spalle di Faenza si intravede il Ponte delle Torri sul Lamone con
uno sfondo collinare.
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Tra il berretto frigio e il fascio littorio, dentro due cerchi si vedono l'occhio
onnivegente e una figura maschile nuda che allude al fiume Lamone.
Il tutto è cinto da abbondanza di frutta, fiori e spighe di grano.
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Per
questo non andò sottovalutato il potere dei simboli e la loro capacità di
rafforzare visivamente e graficamente formule politiche di grande spessore ideologico. I
simboli rivestirono una grande importanza per la propaganda francese e più
tardi per i cisalpini; racchiusero idee e messaggi, soprattutto di tipo
politico; trasmisero in modo immediato un concetto complesso che voleva colpire
l’immaginazione e le emozioni di chi lo riceveva. Nella rivoluzione francese ne
furono introdotti un gran numero, che avevano lo scopo di unire il popolo
intorno alle idee della rivoluzione e alla necessità di difendere la patria in
pericolo. Libertà,
uguaglianza, fraternità è ancora oggi il motto ufficiale della Repubblica
Francese che riassume gli ideali politici alla base della rivoluzione: la
libertà contro la tirannia; l’uguaglianza contro la società dell’antico regime,
divisa in classi; la fraternità fra tutti i membri del popolo francese che
doveva rimanere unito ed indivisibile.In
Romagna la pratica della divulgazione mediatica fu molto più importante e
necessaria che in altre parti; infatti questi territori provenivano da secoli
di dominio pontificio dal quale non avevano tratto, a differenza della vicina
Toscana, alcuna innovazione. Il clero padrone ben si guardava dall’erudire un
popolo per lo più contadino che tutto sommato non le aveva dato mai molti
problemi e che nonostante le vessazioni e la povertà a cui era stato
costretto era rimasto sempre fedele e
vicino al Papa.
Per
questo ed altri motivi i francesi in Romagna prestarono molta attenzione ad una
appropriata divulgazione del nuovo corso a mezzo carta stampata. Non è un caso
che il 21.09.1797 a Forlì uscìsse per la prima volta un giornaletto “Letture istruttive per il popolo
dell’Emilia”, stampato in Francia a partire dal 1789 e distribuito dal 1797
anche in Emilia. “I fogli
periodici son destinati a spargere il vero: pessimi quindi sono quelli che si
allontanano dalla natura di tale istituto; ottimo per questo lato
principalissimo sarà questo, che partendosi dal vero sol mira. Buon popolo
accoglilo con gratitudine. Questo foglio unicamente consacrato a tuoi vantaggi
ti farà toccar con mano, che tu sei incamminato verso la maggiore delle
prosperità politiche.” “Distinguerai tutti i lati della tua posizione e dei
tuoi interessi di più maniere; giacchè all’istruzione che ti sarà presentata,
verranno appresso le più rilevanti e non dubie notizie della Repubblica
Cisalpina, di cui sei parte.”
Pertanto
i francesi, scesi in Italia, diedero molta importanza alla comunicazione e lo
scopo fu raggiunto imponendo propri simboli ed emblemi forti, facilmente
riconoscibili, come strumenti di divulgazione dei principi fondativi, di
formazione di un’identità nazionale e di aggregazione del consenso sociale.A
partire dal 1797, un’infinità di nuove immagini furono diffuse per rappresentare i contenuti del nuovo ordine
sociale e del messaggio rivoluzionario.L’arte
si fece promotore e strumento di educazione politica e creazione del consenso. Il
periodo più prolifico fu quello che andò dall’invasione francese dal 1796 al
1802, il periodo cispadano-cisalpino fino alla costituzione della Repubblica
Italiana quando si assiste alla totale scomparsa di queste simbologie a
testimonianza del cambiamento dei tempi. Ma
è’ con l’inizio del 1798 che le immagini stampate su carta, come quella
utilizzata per la corrispondenza, si fanno più incisive, meno anonime di quelle
prodotte fino allora dove al centro della carta compariva una immagine
femminile, rappresentante la Repubblica, e ai suoi lati il motto “Libertà” e “Uguaglianza”. L’immagine della Repubblica fu in seguito
diversificata arricchendola con alcuni simboli che testimoniavano il potere,
l’autorità, la giustizia ma anche la pace, la prosperità e l’abbondanza, a
volte vere allegorie.
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Immagine
realizzata da Felice Giani e incisa dal Faentino Giuseppe Zauli:
rappresentante l'uccisione di Cesare ovvero la vittoria della
Repubblica sulla Monarchia.
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La Repubblica in attegiamento di riposo e con in mano
l'immancabile asta e berretto frigio è seduta accanto al
fiume Reno e indica con la mano destra la città di Bologna dove
emergono
diversi monumenti tra i quali le torri: degli Asinelli e la Garisenda.
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Alla
figura femminile venivano concessi atteggiamenti diversi ora serio, ora più
deciso oppure in posizione rilassata. All’inizio del 1798 le immagini vengono
maggiormente arricchite con motti e immagini che riprendevano avvenimenti del
passato.La
scenografia che accompagna la simbologia propagandistica diviene più ampia e
descrittiva; la carta intestata viene personalizzata e l’immagine femminile della
Repubblica è spesso accompagnata dalle miniature dei monumenti della città in
cui veniva stampata. A
differenza di altre città emiliano romagnole, Faenza presenta un’iconografia
più ricca dal punto di vista qualitativo: accanto alla figura della “Repubblica”
simboleggia il Ponte delle Torri del Borgo, che crollò nel 1842, per Bologna
emergevano le torri degli Asinelli e della Garisenda. A
fianco di bandiere, edifici e monumenti, anche generi minori ma estensivi di
informazione come appunto la carta intestata delle lettere e degli atti
ufficiali divennero espressione di una nuova tipologia documentaria,
caratterizzandosi con fregi e testatine incise dove proliferavano allegorie
della libertà: gli immancabili berretti frigi che troneggiavano in cima agli alberi
della libertà, la livella che alludeva all’uguaglianza, i fasci consolari
dell’autorità romana, il caduceo simbolo della pace conquistata grazie
all’abbattimento delle tirannie, nonché la raffigurazione di personaggi,
modelli di eroismo forniti inevitabilmente dalla storia romana, in cui si
rintracciava il fondamento stesso della concezione giuridica di stato moderno:
i due Bruti, Lucio Giunio, il Maggiore, promotore della cacciata di Tarquinio
il Superbo e Marco Giunio, il Minore, uccisore di Cesare, campioni entrambi
della repubblica contro la monarchia; Marco Curzio, prototipo delle virtù
patriotiche e guerriere, emblema del coraggio e dello spirito di sacrificio.
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Anche il biglietto da visita, dopo essere stato tipica espressione del ceto
aristocratico, fu adottato anche dalla borghesia e nel tempo divenne un fatto
di costume che perdurò e sopravvisse al periodo giacobino. Queste
incisioni su carta da lettere rappresentarono una vera e propria campagna di
comunicazione basata su riferimenti simbolici, che contraddistinsero anche la
stampa di editti, inviti, notificazioni. A
questa attività aderirono tutta una generazione di artisti soprattutto
bolognesi come Mauro Gandolfi, Francesco Rosaspina, Giacomo Rossi e Pelagio
Palagi.Collaborarono
nell’incisione per la propaganda Cisalpina anche il piemontese Felice Giani
(per il disegno) assieme al faentino Giuseppe Zauli (per l’incisione), poi il
Riminese Alessandro Bornaccini, Giovanni Masi (1761-1826) che lavorò
indistintamente sia per i Cisalpini che per la Cesarea Regia Reggenza Austriaca
e altri (Ricci , Franzetti e il riminese Crimaldi) e altri ancora che non
firmarono le loro incisioni ma si accomunarono negli ideali di uguaglianza
politica e sociale.
Gli
artisti patrioti si cimentarono in opere che sarebbero state fruite da un vasto
pubblico di estrazione popolare, ma agirono per una committenza incarnata
ancora da un aristocrazia e da una borghesia giacobina affascinata dalle
astrazioni neoclassiche e dalla elegante atmosfera allegorica e mitologica. Con
il congresso di Lione del 1802, anche la Repubblica Cisalpina assunse nome e
costituzione di “Repubblica Italiana”
poi di “Regno d’Italia” e questa
pratica divulgativa dei principi sociali fu abbandonata; troveremo in seguito
tipi di intestazioni molto più semplici e limitate ai documenti ufficiali del
Governo e della Prefettura.
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La suddivisione politica dell'Italia nel 1796 prima della Costituzione della Repubblica Cisalpina.
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Artisti al servizio della Repubblica
Cisalpina
Gandolfi Mauro (Bologna, 1764-1834)
Figlio
ed allievo di Gaetano Gandolfi, a Bologna nel 1785 iniziò a frequentare
l’Accademia Clementina affinando le conoscenze tecniche cui il padre lo aveva
avviato e lavorando contemporaneamente nell’atelier paterno come pittore,
miniaturista e incisore. L’ultima parte della sua attività lo vide attivo
soprattutto come incisore di famosi dipinti secondo un uso che andava all’epoca
sviluppandosi. Le sue rappresentazioni esprimono l’entusiasmo per il
rinnovamento politico in atto.
Rosaspina Francesco (Rimini, 1762- Bologna, 1841)
Professore
all’Accademia Clementina di Bologna dal 1790 al 1839. Affermato incisore già
prima del periodo rapubblicano si dedicò in seguito alla riproduzione incisoria
di opere di grandi artisti come Parmigianino, Albani e Carracci.
Rossi Giacomo (Bologna, 1751-1817)
Allineato
con i nuovi ideali rivoluzionari collaborò attivamente in qualità di
disegnatore nella preparazione di biglietti da visita e con schizzi a penna e
acquerello ideati per la decorazione di carta intestata.
Palagi Pelagio (Bologna, 1775-Torino, 1860)
Nel
periodo giovanile si dedicò soprattutto al genere della veduta architettonica e
per studiare le incisioni di Giovan Battista Piranesi. Studiò presso
l’Accademia Clementina e nel 1803 divenne docente all’Accademia Nazionale di
Belle Arti.
Giani Felice (S.Sebastiano Curone, 1758-Roma, 1823)
Aderì
agli ideali della Rivoluzione e coltivò una sincera venerazione per il genio di
Napoleone. Nel 1782-85 realizzò un disegno allegorico per Casa Borghese;
l’esemplare per le sue ridotte dimensioni e per la specifica ornamentazione
allegorica celebrativa, si può ritenere un disegno preparatorio per decorare un
frontespizio o una carta intestata. Giani nella sua rappresentazione utilizza
simboli alludenti, alla prosperità e alle arti, realizzando una composizione
conforme a una tipologia piuttosto diffusa per questo genere di opere destinate
ad ornare biglietti da visita e carte intestate.
Zauli Giuseppe (Faenza, 1763-1822)
Formatosi
all’Accademia Clementina di Bologna, nel 1801 fu il primo direttore della
Scuola di Disegno e Plastica di Faenza. Amico e coetaneo di Rosaspina fu ottimo
disegnatore e nella collaborazione con Giani rivestì il ruolo di incisore. Si
può attribuire a lui la bella veduta incisa dell’Arco Napoleonico fuori Porta
Imolese.
I simboli giacobini
I
simboli che furono utilizzati e incisi negli atti su carta sono solitamente a
corredo di una figura femminile che per i francesi era “Marianna” cioè il simbolo della Francia Rivoluzionaria mentre in
Italia rappresentò più semplicemente la Repubblica.
Berretto frigio: cappuccio di forma conica con la punta ripiegata.
Copricapo donato dal padrone agli schiavi liberati nell’antica Roma, quindi da
allora assunse il valore simbolico di libertà.
Fascio littorio: composto da un mazzo di ramoscelli di betulla e una
scure tenute insieme da cinghie di cuoio. Simbolo del potere coercitivo,
autorità dello Stato.
Piramide e occhio onniveggente: simbolo del potere.
Squadra e compasso: simboli del lavoro.
Archipendolo: simbolo prima massonico poi rivoluzionario
associato alla giustizia.
Bilancia e spada: sono due attributi della Giustizia; la bilancia
suggerisce l’idea di equilibrio, equità, che è
compito della Giustizia conservare. La spada rimanda al potere che la
giustizia deve fare rispettare.
Caduceo: bastone alato con due serpenti attorcigliati,
simbolo di pace e prosperità. Il bastone è manifestazione di equilibrio mentre
i serpenti il bene e il male degli uomini.
Corona di alloro: onorificenza della Repubblica o dell’Impero.
Simbolo di gloria.
Palma: significato di vittoria, di rinascita.
Corona turrita: massimo simbolo di valore militare, significato
simbolico della Nazione.
Triregni: tre corone sovrapposte, simbolo di distinzione e
autorità.
Cornucopia: simbolo dell’abbondanza e quindi della concordia
sociale e prosperità.
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