Dio ti vede, Stalin no

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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DIO TI VEDE, STALIN NO
Enzo Casadio

Con lo sbarco delle armate anglo-americane in Sicilia nel luglio 1943, iniziava la “campagna d’Italia”, la lenta risalita degli Alleati per respingere l’esercito tedesco al di là delle Alpi. Nei territori liberati gli Alleati insediavano il Governo Militare che operava con personale anglo-americano per ristabilire il funzionamento dei comuni in modo da ripristinare i servizi pubblici, assicurare il buon funzionamento degli ospedali, la distribuzione dei generi alimentari e le forniture di acqua, energia elettrica e gas. Il Governo Militare Alleato terminò le sue funzioni il 31 dicembre 1945, salvo che in Sicilia e nelle province di confine.Il 5 giugno 1944, il giorno successivo all’entrata in Roma degli Alleati, il re Vittorio Emanuele nominò il figlio Umberto Luogotenente del Regno. Il sovrano abdicò solo il 9 maggio 1946 e Umberto divenne re per poco più di un mese. Dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, e la conseguente caduta del regime fascista, riprendeva in tutto il paese l’attività politica. Nel marzo del 1946 si svolse la prima tornata di elezioni amministrative locali per eleggere i nuovi consigli comunali, che andavano a sostituire quelli nominati dal Governo Militare Alleato. A Faenza le elezioni per i quaranta nuovi consiglieri si svolsero il 17 marzo, ci furono ovviamente delle difficoltà nella compilazione delle liste elettorali, dovute al fatto che l’anagrafe del comune era andata distrutta durante la guerra e che molte persone avevano perso la casa e quindi vivevano presso parenti o conoscenti, anche fuori dal territorio comunale. Le votazioni videro al primo posto la Democrazia Cristiana con quindici consiglieri, seguita dal partito Comunista Italiano con dieci, anche il Partito Socialista ne ebbe dieci, da ultimo quello Repubblicano con cinque. Il nuovo consiglio nella seduta del 6 aprile nominò sindaco il socialista Alfredo Morini.

Volantino di propaganda rivolto agli elettori del Fronte
Popolare, perché si “ravvedano” al momento del voto.


Cartoncino di propaganda contro il Fronte Popolare, con una immagine che sembra essere il simbolo del Fronte,
ma capovolgendo, quello che sembra il volto di Garibaldi diventa il volto di Stalin.

A livello nazionale la data delle elezioni politiche fu fissata per il 2 giugno 1946. I cittadini italiani, e per la prima volta anche le donne, furono chiamati al voto per eleggere i 556 rappresentanti dell’Assemblea Costituente, che faceva le funzioni delle camere e che aveva anche il compito di predisporre il testo della costituzione che avrebbe dovuto sostituire lo Statuto concesso dal re Carlo Alberto nel 1848. Dei 28 milioni di aventi diritto, quasi il 90 percento prese parte alle votazioni che videro prevalere la Democrazia Cristiana con il 35 percento dei voti, seguita dal Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria con il 20 e dal Partito Comunista Italiano con il 19. Gli altri partiti si fermarono tutti sotto la soglia del 10 percento. L’Assemblea elesse come “Capo provvisorio dello Stato” il giurista napoletano di formazione liberale Enrico de Nicola.In concomitanza con questa votazione si decise di tenere anche il referendum per la scelta della forma istituzionale dello stato. I cittadini italiani furono chiamati a scegliere se proseguire con la monarchia dei Savoia o se passare alla repubblica. Anche in questo caso la partecipazione al voto fu altissima. Il 10 giugno la Corte di Cassazione rese noto il risultato ufficiale, con la repubblica che aveva ottenuto circa due milioni di voti in più rispetto alla monarchia. Ci furono delle polemiche per il sospetto di eventuali brogli che portarono anche a incidenti tra manifestanti e Forza pubblica, ma alla fine il verdetto delle urne fu accettato e il re Umberto II il 13 maggio lasciò l’Italia per andare in esilio in Portogallo.

Piazza del Popolo. Il loggiato del palazzo del Podestà letteralmente
 ricoperto di cartelloni e manifesti dei vari partiti.


Anche corso Mazzini è invaso dai manifesti.
Il testo della Costituzione fu approvato dall’Assemblea il 22 dicembre 1947 e fu firmato da Enrico de Nicola il 27 dicembre, l’entrata in vigore fu fissata per il 1° gennaio 1948. La Costituzione prevedeva un sistema parlamentare bicamerale, formato dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei Deputati. Si doveva provvedere quindi alle relative elezioni, la cui data fu fissata per la domenica 18 aprile 1948.In tutto il paese si svolgeva una intensa attività politica, dopo la fine della guerra e della dittatura, c’era tra la gente una gran desiderio di partecipare alle scelte per la gestione della nazione. Oltre ai partiti più importanti e radicati nel territorio, ne nascevano in continuazione dei nuovi per rappresentare gli interessi anche di piccoli gruppi o categorie professionali. Molti di questi partiti scomparvero rapidamente, così come erano nati. Tra gli elettori si era evidenziata la contrapposizione fra il blocco social-comunista e quello democristiano, che in parte rispecchiava la divisione che si era creata in Europa, tra le potenze vincitrici della Seconda Guerra mondiale: l’Unione Sovietica e i paesi satelliti da una parte, gli Stati Uniti e i paesi dell’Europa occidentale dall’altra. Erano sistemi sociali ed economici molto diversi e contrastanti tra loro, tanto da creare una forte contrapposizione fra i due blocchi, la cosiddetta “guerra fredda”, che continuò per alcuni decenni. I militanti dei vari partiti erano impegnati nell’organizzare comizi e incontri per convincere nuovi elettori; furono realizzati anche milioni di manifesti, volantini e materiale di propaganda vario da distribuire tra la popolazione.

Palazzo Laderchi, all’angolo tra via XX Settembre e corso Garibaldi.

Via Severoli all’angolo con la piazza del Popolo.
Uno degli aspetti più eclatanti riguardava l’affissione dei manifesti di propaganda che venivano incollati su ogni superficie disponibile, senza rispettare eventuali disposizioni relative all’affissione, ammesso che esistessero! Ognuno cercava di affiggere i propri manifesti nei punti più visibili rispetto a quelli degli avversari, anche posizionandoli molto in alto. Gruppi di attivisti muniti di scale e secchi di colla erano sempre alla ricerca dei punti che si pensava avessero maggiore visibilità. C’era chi approfittando delle ore notturne andava a incollare i propri manifesti sopra quelli degli altri e non era infrequente che gruppi di attivisti di partiti avversari venissero alla mani. La sfida principale era tra la Democrazia Cristiana che aveva come leader Alcide de Gasperi e come simbolo lo scudo crociato e il Fronte Popolare formato dal Partito Comunista e da quello Socialista, guidati rispettivamente da Palmiro Togliatti e da Pietro Nenni. Il Fronte utilizzava come simbolo il volto di Garibaldi sovrapposto a una stella a cinque punte. Oltre a questi partiti parteciparono alle votazioni alcune decine di altre formazioni minori. Anche a Faenza l’attività degli attacchini fu molto intensa, la città fu letteralmente ricoperta da cartelloni, striscioni e da migliaia di manifesti. All’epoca il tasso di scolarizzazione era relativamente basso, quindi si puntava molto sulla suggestione delle immagini. Una campagna elettorale così intensa e sentita dalla popolazione portò a una percentuale altissima di votanti, superiore al 92 per cento. Le elezioni si svolsero senza particolari problemi, a livello nazionale vi fu l’affermazione della Democrazia Cristiana che ottenne circa il 48 per cento delle preferenze e la maggioranza assoluta in termine di seggi in ambedue le camere, seguita dal Fronte Popolare con il 30, molto più distaccati gli altri partiti, nessuno dei quali raggiunse il 10 percento. A Faenza la percentuale dei votanti superò il 95 per cento; qui la DC ottenne circa il 44 per cento dei voti e il Fronte Popolare il 35. Con le elezioni del 18 aprile 1948 finiva il periodo di transizione iniziato con la caduta del fascismo e che aveva portato l’Italia al nuovo assetto istituzionale democratico come previsto dalla Costituzione.

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