LA BEATA VERGINE DELLE GRAZIE NELLE CASE FAENTINE
Fra storia, culto, devozione, tradizione e ceramica
di Roberto Marocci
Prima di affrontare i motivi per i quali la maggioranza dei Faentini è
solita porre l’immagine della B.V. delle Grazie, e non solo, agli
ingressi o all’interno delle proprie abitazioni, è necessario accennare
in qualche modo alle origini del culto privato e alla storia evolutiva
delle Targhe Devozionali. Per Targa Devozionale s’intende una ceramica
a soggetto religioso, destinata ad una collocazione murale.Maria
Cecchetti, nel suo libro “Targhe Devozionali dell’Emilia Romagna”,
Silvana Editoriale, 1984, così scrive: "…….L’aggettivo
“Devozionale”…….ha un preciso fondamento critico, poiché include la
categoria della popolarità: “Devozionale” allude infatti a
quell’aspetto della religiosità che, pur avendo manifestazioni in sede
pubblica (la pubblica via, n.d.Cit.), e pur essendo in rapporto
dialettico con i modi della liturgia ufficiale, è l’attuazione
specifica della pietà privata…..". E ancora: "…..La distinzione tra
immagine di devozione e immagine di culto è resa dinamicamente
possibile dall’intervento della popolarità”; infatti, è attraverso il
manifestarsi dell’attenzione collettiva, che un’immagine di culto può
divenire popolare e quindi essere riprodotta e diffusa come oggetto di
devozione privata…..". Da tutto ciò si può stabilire che
l’esposizione di una Targa Devozionale è un’iniziativa privata.
Va inoltre ricordato che il culto di immagini sacre poste nelle case,
ma anche nei crocicchi, ha origini antichissime che affondano le radici
nel culto pagano di età pre-Cristiana. Infatti, nella casa
romana era sistemato un tabernacolo, davanti al quale si pregavano i
“Lares Familiares”, le anime dei trapassati che proteggevano la casa.
Stessa cosa accadeva con i “Lares Compitales”, ai quali veniva dato
culto in tabernacoli posti in prossimità di crocicchi stradali. Va
rammentato che a quei tempi, come più recentemente, e fino ai giorni
nostri, il rapporto devozione - immagine sacra assume carattere
pragmatico, giungendo ad una relazione quasi di " Do ut des". Tale
rapporto, infatti, non si limita al solo " Io Ti prego perché Tu sei
ciò che sei in quanto tale", ma: "Io Ti prego perché Tu sei quel che
sei e, in quanto tale, Tu interceda con la Dimensione Superiore, in
nostro favore". Dalla qual cosa emerge anche un culto di carattere
propiziatorio; ecco perciò che, specie in presenza di esiti favorevoli,
la credenza popolare confluisce nel mito e, come conseguenza, perviene
allo stadio di “ diffusa popolarità”. Prima di pervenire con più
precisione allo specifico argomento in oggetto, va infine
considerato ciò che avviene nel Sec. XV. E’ in questo secolo che inizia
a diffondersi l’utilizzo domestico e privato della Targa Devozionale in
materiale ceramico; ciò avviene conseguentemente all’introduzione della
stampa su carta. Questa novità tecnologica sortisce l’effetto di poter
replicare serialmente su carta, e quindi mobilizzare, le immagini sacre
che fedelmente vengono riprodotte da affreschi, quadri, pale,
bassorilievi, sculture. Ne consegue una maggiore diffusione delle varie
iconografie, le quali trovano realizzazione anche nella produzione
ceramica. Ecco, quindi, che gli artigiani ceramisti modellano le
matrici dalle quali “batteranno” molteplici copie di uno stesso
soggetto; il prodotto, dopo la prima cottura, può rimanere in
terracotta nuda, oppure essere semplicemente invetriato, ma anche
dipinto sotto ingobbio, fino ad essere maiolicato in policromia,
pratica, questa, molto più costosa. Ma, al di là di quest’ultima
soluzione, le altre permettono che i vari esemplari possano essere
commercializzati con relativa facilità, essendo, appunto, contenuti i
costi di produzione. Allo stesso tempo, per quanto riguarda le targhe
pittoriche, l’utilizzo del disegno da “spolvero” favorisce evidenti
economie nella lavorazione dei manufatti. Sia le targhe da
“stampo” che quelle pittoriche da “spolvero”, nelle loro varie versioni
realizzative, ora possono essere appetite da un maggior numero di
famiglie, a seconda della loro possibilità di spesa. Veniamo dunque a
Faenza ed ai Faentini. Nel 1410 la nostra Città fu colpita da una
grave pestilenza che causò tantissime sofferenze e moltissimi morti.
Non pareva vi fosse modo di arginare il contagio, né, ancor meno, di
debellare il flagello. Una nobile Faentina, di nome Giovanna, mossa da
profonda compassione nel vedere una così tale tragedia, pensò di
rivolgersi all’immagine della Beata Vergine Maria che un Maestro
tardogotico veneto aveva affrescato su di un muro nella Chiesa di
Sant’Andrea in Vineis, l’attuale San Domenico.La storia narra che le
incessanti, espiatrici preghiere di Giovanna mossero la pietà di Maria
SS., la quale le si manifestò ritta, a braccia aperte nell’atto di
placare l’ira del suo Divin Figliolo e tenendo in ogni mano una terna
di frecce spezzate. La stessa Maria SS. ingiunse a Giovanna di recarsi
dal Vescovo di Faenza, Pietro dell’ Isola di Pago, affinché egli
ordinasse alla cittadinanza un digiuno universale e tre giorni di
processioni penitenziali, dopodiché la pestilenza sarebbe cessata. E
così fu !!! La devozione dei Faentini verso la B.V. Maria crebbe al
punto che la seconda Domenica di Maggio del 1420,nella suddetta Chiesa
di Sant’Andrea in Vineis, le venne consacrato un Altare, con tanto di
immagine, così come sarebbe stata nell'apparizione alla Matrona
Giovanna.
Beata Vergine delle Grazie, Afflitta. Targa pittorica.
Maiolica policroma. Sec. XVI - XVII.
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Beata Vergine delle Grazie.Targa plasticata da stampo con cimasa curvilinea. Maiolica policroma. Seconda metà del XVIII sec.
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Beata
Vergine delle Grazie con Matrona e appestato. Targa pittorica. Maiolica
policroma. Prob. Fabbrica Ferniani, fine sec. XVIII.
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Da allora, e per sempre, la seconda Domenica di Maggio divenne il
giorno dedicato alla Beata Vergine delle Grazie. In seguito, molti
altri prodigi furono attribuiti all’intercessione della B.V. Al
proposito va ricordata la pestilenza che nel 1630 (la peste Manzoniana)
ammorbò tutta l’Italia settentrionale, facendo strage di uomini ed
animali. Appena a Faenza si ebbe notizia dell’avvicinarsi di
quell’epidemia, i cittadini rivolsero alla B.V. delle Grazie preghiere
e penitenze, ottenendo che il terribile morbo non si propagasse alla
Città ed al suo territorio. Il miracoloso evento fece si che il 18
Maggio del 1631, l’immagine della B.V. venisse incoronata e che, come
ulteriore segno di devozione e gratitudine, le fossero offerte le
chiavi d’argento della Città. Vale la pena ricordare che, nel 1650,
Varsavia fu liberata dalla peste grazie ad un’immagine della B.V. delle
Grazie, che colà era stata portata dal missionario Brisighellese Padre
Giacinto Orselli, proprio in virtù dei prodigi compiuti a Faenza. La
stessa cosa successe a Napoli e a Roma nel 1657. Nel 1720, con devote
processioni e fervide preghiere rivolte alla B.V. delle Grazie, il
territorio Faentino venne liberato da una violenta epidemia di
febbri.Negli anni 1688, 1725, 1781, la nostra Città venne colpita da
violenti terremoti; ci furono danni materiali, ma nessuna vittima.
Nel 1835, Faenza fu liberata dal colera e, come ringraziamento per
quella grazia, l’immagine della B.V., riprodotta in altrettante
formelle in terracotta, venne posta sulle sei Porte della Città.
Risulta ovvio che il susseguirsi di tutti questi eclatanti prodigi
favorisse, nel tempo, il diffondersi e radicarsi della devozione e del
culto nei confronti della B.V. delle Grazie. A questo punto si può
sicuramente parlare di vero e proprio culto collettivo e condiviso,
quindi di popolarità, che si concretizza nella fisiologica diffusione
della immagine propiziatoria e protettiva. Se nel Sec. XV l’utilizzo e
la collocazione delle Targhe Devozionali erano ancora piuttosto
sporadici e riguardavano molteplici soggetti sacri, mano a mano che i
Faentini prendono atto dei menzionati prodigi, si sviluppa sempre più
la devota tendenza ad inserire sugli ingressi, sui pianerottoli, lungo
i corridoi, sotto i porticati delle abitazioni, ma anche nelle nicchie
e nei tabernacoli rupestri, l’immagine della B.V. delle Grazie.
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Beata Vergine delle Grazie con Matrona e il Ponte delle Torri. Targa plasticata da stampo. Maiolica policroma, seconda metà sec. XIX
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Beata
Vergine delle Grazie. Targa plasticata da stampo con cimasa centinata.
Terracotta con tracce di invetriatura. Fine sec. XVIII.
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Beata Vergine delle Grazie. Targa plasticata da stampo con sagomatura mistilinea. Maiolica policroma, fine sec. XIX
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A margine va ricordato che lo stesso fenomeno, per ragioni simili ma
con soggetti diversi, accade anche in altre Città e Paesi non distanti
da Faenza, nei quali, comunque, operano botteghe di ceramisti. E’ il
caso di Reggio Emilia con la Madonna della Ghiara, di Bologna con la
B.V. di San Luca, di Ferrara con la Madonna del Bosco e del Buon
Consiglio, di Carpi con la Madonna del Duomo, di Imola con la Madonna
del Piratello, di Brisighella con la B.V. del Monticino, di Forlì
con la Madonna del Fuoco; tutti esempi di culto e devozione
popolari. Inoltre va fatto notare, specie per quanto riguarda
Faenza, che parallelamente alle Targhe con l’immagine della B.V.,
vengono utilizzate, seppur con minor diffusione, anche Targhe
riproducenti altri soggetti sacri: San Girolamo, Sant’Antonio da
Padova, San Cristoforo, Sant’Antonio Abate, quest’ultimo, specie nelle
campagne, a protezione degli animali; oppure targhe riproducenti
semplicemente il monogramma di Cristo e/o quello Mariano.
Nei secoli successivi al ‘400, fino ad arrivare ai giorni nostri,
l’interpretazione della Sacra Immagine Faentina cambia e si rinnova. Le
Targhe, sia a rilievo che pittoriche, assumono connotati nuovi. La B.V.
non viene rappresentata solo nella versione originaria, cioè
ritta, a figura intera, a braccia aperte e con le terne di frecce
spezzate nelle mani, come d’altronde apparì a Matrona Giovanna. Ora la
Vergine può essere ritratta a mezza figura, oppure intera con ai suoi
piedi la Matrona e sullo sfondo l’identificativo Ponte delle Torri; In
un’ulteriore versione si aggiungono i quattro Santi Protettori della
città, riprodotti in altrettanti medaglioni posti agli angoli della
formella.
Ma la B.V. viene anche raffigurata seduta, con in braccio il
Figliolo e al di fuori della caratteristica iconografia distintiva
“delle Grazie”; oppure la troviamo riprodotta “Addolorata”, trafitta da
una o sette spade, e ancora con infinite, altre modalità. Questi vari
elaborati vanno ricondotti sia all’abbondante produzione artistica
delle pitture rinascimentali, manieriste e barocche, Italiane e
Fiamminghe, dalle quali vengono tratte fedeli riproduzioni, sia al
talento artistico di pittori e formatori attivi nelle botteghe
ceramiche Faentine. Viene l’obbligo di menzionare, fra le altre, la
Fabbrica Ferniani, che dalla metà del Sec. XVIII fino alla metà del XIX
si distinse per la raffinatezza dei decori e la preziosità dei dipinti.
E’ da questa emblematica manifattura faentina che vengono prodotte le
Targhe di maggior valore artistico ed espressivo.
Dal Sec. XIX, e fino alla metà del XX, anche per le migliorate
condizioni economiche generali, si raggiunge la maggior diffusione
delle Targhe Devozionali, la maggioranza delle quali è sempre
rappresentata dall’immagine della B.V. delle Grazie, nelle sue diverse
declinazioni; dalle più semplici e “povere”, agli esemplari più
ricercati, magari arricchiti dai lustri e dalle iridescenze dei moderni
Maestri, Riccardo Gatti e Pietro Melandri. Nella più recente edilizia
popolare la collocazione delle Targhe Devozionali si estende anche alle
costruzioni condominiali, perpetuando in tal modo la plurisecolare
tradizione che, nel tempo, ha visto trasformare la devozione per la
B.V. delle Grazie in culto collettivo, fino a rasentarne la
mitizzazione.
Dai “Lares Familiares” e “Compitales” al XXI Secolo, in fin dei conti non è cambiato molto nel rapporto fra Uomo e Divinità. |
Beata Vergine delle Grazie, Afflitta. Tondello pittorico in maiolica policroma. Riccardo Gatti, circa metà XX sec.
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