Un amore nato tra le macerie della guerra

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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 Storia Moderna


ANTONIETTA ED ARTHUR
FAENZA – ALEXANDRA, GUERRA – AMORE,
SE GLI ANTIPODI SI UNISCONO.
LA STORIA DI UN LEGAME INFINITO

 di Roberto Marocci

La vita di ogni essere umano è scandita da imprevedibili combinazioni, da infiniti intrecci, dai quali sortiscono esiti straordinari, nel bene e nel male. Nel caso della nostra storia, accadde che dalle immani tragedie di un conflitto cruento e distruttivo come la 2° Guerra Mondiale, sbocciò un profumatissimo fiore. Quel fiore generò un amore senza fine, che avrebbe scavalcato ogni più arcigno scoglio, ogni più ostica difficoltà….una testimonianza di come la forza di un sentimento possa avere ragione di ogni distanza, sia essa geografica, culturale o linguistica, sia essa anche figlia di usi e costumi tanto diversi e lontani. Antonietta Dalmonte, cattolica, nacque a Faenza, il 22 Febbraio 1923 da Domenico e Lucia Missiroli, quando una sorella già era morta in seguito all’epidemia di “Spagnola”, scatenatasi successivamente alla fine della 1° Guerra Mondiale. Antonietta, come tante altre ragazze faentine, lavorava alla fabbrica di calze O.M.S.A. ( Orsi Mangelli Società per Azioni ), mentre, mamma Lucia, in tempo di pace, gestiva una bancherella di frutta e verdura nella Piazza del Mercato di Faenza.



Arthur Gladstone assiste un prigioniero tedesco ferito in località Medicina (Bo), aprile 1945.
Arthur Gladstone, cattolico, nacque ad Alexandra (Nuova Zelanda), il 12 Luglio 1921 da Arthur Edward, medico di origine scozzese e Margaret France, originaria della Cornovaglia. Arthur si era arruolato volontario nel 1940 ma solo al compimento del 21° anno potette imbarcarsi per venire a combattere in Europa. Dopo un viaggio di 3 settimane, nel Dicembre 1943, sbarcò in Egitto e da lì fu mandato in Tunisia dove, come mitragliere, nel Febbraio 1943 ebbe il battesimo del fuoco; i combattimenti in Tunisia finirono in Maggio. Alla fine di Ottobre Arthur sbarcò a Taranto, per poi andare a combattere in prima linea nella zona del fiume Sangro e, in seguito , nell’inferno di Cassino.Sempre combattendo, lui e la sua Divisione risalirono lentamente l’Italia fino ad arrivare, nel Dicembre 1944, sulla linea del fronte, che nel frattempo si era fermata tra Forlì e Faenza. Fin dal 2 Maggio 1944, Faenza era stata sottoposta a continui bombardamenti aerei; perdite umane, distruzioni, terrore…., una gran parte dei Faentini era sfollata nelle campagne, nella speranza di correre minori pericoli ed anche per trovare il minimo indispensabile per sopravvivere. Il 24 Novembre 1944, finalmente, gli uomini della 2° Divisione Neozelandese, comprendente il 28° Battaglione Maori, entrarono in Borgo Durbecco e, passando in mezzo a desolanti macerie, si attestarono sulla riva destra del fiume Lamone; sulla riva sinistra erano appostate le truppe Tedesche che, ancora saldamente, occupavano il resto della Città.

Il 24 Novembre 1944, finalmente, gli uomini della 2° Divisione Neozelandese, comprendente il 28° Battaglione Maori, entrarono in Borgo Durbecco e, passando in mezzo a desolanti macerie, si attestarono sulla riva destra del fiume Lamone; sulla riva sinistra erano appostate le truppe Tedesche che, ancora saldamente, occupavano il resto della Città. Faenza venne interamente liberata una ventina di giorni più tardi, dopo che le truppe alleate, per  battere i tedeschi e tagliar loro ogni via di ritirata, ebbero attuato una manovra a tenaglia articolata nelle campagne, in parte a monte, in parte a valle di Faenza. Fu in questa fase che i soldati Neozelandesi, Arthur compreso, parteciparono alla “Battaglia della Celle”; combatterono, caddero, incalzarono il nemico, passarono di casa in casa, prendendo contatto e stabilendo rapporti con i civili che man mano incontravano. Oltre il nemico, i “Liberatori” dovettero fronteggiare le difficoltà di un tempo inclemente: neve, acqua, freddo, fango, tanto fango. In quell’ inquietante contesto il soldato Arthur Gladstone, che in quel frangente svolgeva la mansione di addetto medico, la sera del 19 Dicembre 1944 incontrò Antonietta Dalmonte (da qualche anno rimastaorfana del padre) e sua madre Lucia, perché le due donne erano sfollate dalle parti di Celle, in una casa colonica chiamata “Curinaza”. Successe che il Plotone di Arthur aveva avuto l’ordine di fermarsi proprio alla “Curinaza” e lui doveva andare avanti per vedere di organizzare la cena dei suoi compagni. Nell’avvicinarsi a quella casa, mai Arthur si sarebbe immaginato che, proprio lì, il suo destino avrebbe avuto una svolta decisiva…. E che destino ! Faceva freddo ed era buio quando Arthur, per primo, arrivò nell’aia di quella casa e bussò alla porta, per altro già socchiusa. Spalancata quella porta, la Lucia si parò davanti a quel giovane soldato, infangato, sudato per via del pesante zaino ed intirizzito dal freddo pungente, lo guardò, poi lo invitò ad entrare, preoccupata che il povero militare non si ammalasse…… gli portò un bicchiere di Sangiovese. Ma quello che maggiormente colpì Arthur, in quella situazione, fu un asciugamani bianchissimo che gli porse la Lucia….. candido come non ne vedeva da 4 anni, dal momento in cui si era arruolato volontario per combattere in Europa.



"La Curinaza" in località Celle di Faenza.


Il Plotone si fermò alla “Curinaza” per 4 giorni ed in tal modo, oltre la Lucia, il soldato Gladstone ne conobbe la figlia Antonietta e, visto che egli aveva imparato sufficientemente bene l’Italiano, i 2 giovani ebbero modo di parlare a lungo. Evidentemente, fin da quel primo, rapido incontro, fra i due ragazzi dovette nascere una qualche istintiva e reciproca attrazione…. ma tutto si fermò lì. Prima di andarsene dalla “Curinaza”, per proseguire le operazioni di guerra, egli si fece dare da Antonietta l’indirizzo della casa di Faenza…. Via Torricelli 13. Le azioni militari a Faenza e dintorni proseguirono, tanto che Arthur ebbe modo di rimanere in zona almeno fino a Gennaio inoltrato, siamo all’inizio del 1945; durante quel periodo di tempo ed avendo l’indirizzo di Netta (questo il soprannome di Antonietta), egli non mancò di farle visita, visto che lei e sua madre erano nel frattempo  ritornate nella loro casa di Via Torricelli.


Ad ogni visita Arthur portava con sé un po’ del cibo avanzato dai neozelandesi, dato che la mensa pubblica d’emergenza passava molto poco. Fra i due ragazzi, per il momento, c’era soltanto un bel rapporto di amicizia e nulla più. Poi Arthur partì e fino al 1° Aprile, giorno di Pasqua, fu trattenuto ad Esanatoglia (Mc), dovendo svolgere speciali esercitazioni per riconvertirsi da mitragliere in fante. Durante quel periodo di addestramento egli riuscì ad inviare una sola lettera ad Antonietta. Tornato sul fronte del Senio, egli partecipò alle operazioni che cacciarono i Tedeschi fin oltre il fiume Po, dopodiché, il 25 Aprile (per i neozelandesi, Giorno della Memoria), ottenne una licenza che gli permise di tornare…. dove? Naturalmente a Faenza. In verità, Arthur sarebbe dovuto andare a Firenze ma, quando fu a Bologna, si fece scaricare dal camion ed in qualche modo proseguì per Faenza…. Tipo tosto il Gladstone !!!

Arrivato in Città, passò dal mercato dove trovò mamma Lucia che, ripresa la consueta attività, era intenta alla sua bancarella. Come lei se lo ritrovò davanti, notò che era stanco morto ed in mal arnese, tanto che, chiusa la bancarella, lo portò a casa, raccomandandosi di riposare e dormire perché tanto Netta era al Mangelli a riparare qualche danno e a provare di rimettere in moto la fabbrica e fino alle 16 non sarebbe uscita dal lavoro. Alle 4 del pomeriggio Arthur si incamminò per Corso Mazzini, incontrando Netta all’altezza di Palazzo Mazzolani; lei, che era in compagnia dell’amica e collega Linda Ghetti, come lo vide, fra incredulità ed un vortice di emozioni, cambiò di colore. Dopo quell’incontro, finita la licenza, Arthur e la sua Divisione partirono per la “Corsa verso Trieste”, operazione così chiamata per l’assoluta necessità strategica che le truppe alleate occupassero quella città prima che arrivassero quelle di Tito. Conclusa quella missione, egli venne mandato a Senigallia dove, dal suo Colonnello, ricevette l’incarico di raccogliere documenti atti a scrivere la storia del Battaglione, la qual cosa gli consentì di tornare a Faenza ogni fine settimana…….ed inevitabilmente, alla fine del Luglio 1945, Arthur e Netta si ritrovarono fidanzati, con l’ovvia intenzione di sposarsi al più presto. I 2 fidanzati erano entrambi cattolici e quindi, dal punto di vista religioso, non ci sarebbero stati ostacoli, che invece, purtroppo, esistevano per altri versi, a causa di una tassativa disposizione che proibiva ai soldati neozelandesi di sposare donne dei territori occupati. Dirà Arthur nel suo racconto apparso nel libro di Enzo Casadio e Massimo Valli “1943-1946. FAENZA DALL’ARMISTIZIO ALLA REPUBBLICA”, Stefano Casanova Editore, Faenza 1996: <<Andai più volte a parlare col Vescovo di Faenza, Monsignor Giuseppe Battaglia, che per noi fu un santo. Mi aiutò in tutte le maniere e diede il permesso di sposarsi, solo in chiesa logicamente, anzi, prima di concedermelo, Monsignor Battaglia parlò chiaro con Antonietta: “Sposatelo pure il tuo Arthur, ricordati però che il matrimonio vale solo per la Chiesa; quando sarete in Nuova Zelanda, se lui ti lascia non hai alcun diritto!”>>.


 
1 settembre 1945, Arthur e Netta usciti dalla chiesa di San Bartolomeo, dopo il matrimonio.

Certificato di Matrimonio.
Si sposarono la mattina di Sabato 1 Settembre 1945, nella chiesa dei Caduti (San Bartolomeo), con rito celebrato dal Parroco di Sant’Agostino, Don Domenico Mondini. Alla cerimonia assistettero 8 compagni di Arthur, giunti appositamente da Senigallia e le amiche di Netta; il rinfresco consistette in zuccherini e cioccolata in tazza presso l’abitazione della signora Savini, la padrona di casa della sposa. Il viaggio di nozze, con destinazione Senigallia, avvenne su 2 camion militari, su uno dei quali presero posto le amiche di Netta, che poi scesero a Forlì; i novelli sposi trovarono sistemazione in 2 camerette, con Arthur che continuò a svolgere il suo solito lavoro d’archivio fino alla fine di Novembre, momento in cui fu inviato a Firenze per poter proseguire le proprie ricerche. A Firenze vennero felicemente a conoscenza dell’insperato contrordine: il comando neozelandese aveva revocato il divieto di matrimonio tra propri soldati e donne italiane. Arthur e Netta non persero tempo, attraversarono l’Appennino innevato e raggiunsero Faenza; portarono in Comune il documento liberatorio e, grazie all’interessamento del responsabile dello Stato Civile, Silvio Mantellini, finalmente si sposarono anche civilmente.

Ora era proprio tutto a posto. Le truppe neozelandesi iniziarono a rimpatriare ma Arthur riuscì ad ottenne di essere tra gli ultimi a tornare a casa….quelli come lui li chiamarono gli “Ultimi Duecento”.  Partirono per  Taranto facendo una tappa intermedia di 2 settimane a Bari, durante le quali mamma Lucia stette con loro, prima di veder partire Antonietta per un luogo così infinitamente lontano. A Taranto, l’ultima settimana del Febbraio 1946, Arthur e Netta si imbarcarono  per la Nuova Zelanda.


I coniugi Gladstone si stabilirono ad Alexandra, la città natale di Arthur e vi rimasero per 6 anni, prima di trasferirsi definitivamente a Nelson. Verso la fine del 1946 nacque il primogenito Antony, al quale poi fecero seguito Peter, Francesca, Luciana, Milena, Steven, Christopher, Nicolas, Timothy e Phillip, 7 maschi e 3 femmine. Nel 1949, sola e piena di coraggio, l’oramai nonna Lucia partì, salì su di una nave e li raggiunse ad Alexandra; morirà e là sarà sepolta nel 1958, dopo aver visto nascere ed aver accudito a 7 dei 10 nipotini. Insomma, in Nuova Zelanda si formò un nutrito nucleo di faentini…lontani. Netta e Lucia trapiantarono usi e tradizioni romagnole in quel luogo agli antipodi di Faenza. Ma facciamo un salto in avanti, fino al 2014. Ho conosciuto personalmente il primogenito Tony ( oramai per me Tugnazz ), venuto per la prima volta a Faenza, insieme alla moglie Nicky, nel Dicembre 2014. E’ un omone grande come il suo babbo Arthur, gioviale, compagnone, espansivo, “buccalone”, buonissima forchetta, sempre pronto alla battuta come solo un vero romagnolo può essere…siamo diventati davvero amici, in un attimo. Tugnazz, che a Faenza conosce diverse persone, ha voluto visitare i luoghi cari ai suoi genitori: la “Curinaza”, Via Torricelli 13, la chiesa di San Bartolomeo, la nostra città ed i suoi dintorni. Durante i nostri incontri mi ha raccontato alcuni aneddoti veramente significativi. Mi ha detto che Netta faceva spessissimo la minestra fatta in casa, alla romagnola e, quando la faceva, sul tagliere appariva come un vulcano, da tanta farina che serviva per sfamare tutte quelle bocche; poi chiamava i bambini, gli faceva allargare le braccia e sopra ci stendeva le tagliatelle ad asciugare. Tony mi ha anche  raccontato che quando i suoi genitori dovevano dirsi cose particolari riguardo la gestione della famiglia o prendere decisioni importanti, si appartavano e parlavano in dialetto faentino per non farsi capire dai figli. Torniamo a Nelson ed a quegli anni nei quali la famiglia stava crescendo saldamente unita ed informata dai sani principi trasmessi in egual misura da Arthur ed Antonietta.

I figli stavano venendo su sani, buoni, con una gran voglia di lavorare e fare bene, intenzionati per il futuro a formarsi una famiglia solida e coesa come quella nella quale erano vissuti. I costruttivi esempi che avevano visto erano stati una grande scuola. Pur con le comprensibili difficoltà di vario genere, dovute ad un nuovo mondo, nuove persone, nuova lingua da imparare ed abitudini diverse, Netta non ebbe mai sconforto, sempre supportata dall’amore che il marito, provava per lei……Lui, a detta di tutti coloro che lo hanno conosciuto, un uomo davvero speciale ! Frattanto, a Nelson, Arthur divenne il direttore di una importante compagnia di trasporto su gomma, un lavoro che lo accompagnò fino alla pensione. Da parte sua, Netta continuò ad intrattenere rapporti epistolari con Maria Violani, sua collega al Mangelli ed amica del cuore…...D’altra parte il cordone ombelicale con Faenza non si poteva certo tagliare del tutto. Fu così che Arthur ed Antonietta, per la prima volta da quel lontano 1946, nel 1982 tornarono a Faenza per una breve vacanza. Ritornarono per l’ultima volta nel 1995; la Maria Violani trovò loro un appartamento in affitto in Piazza Sercognani e lì stettero per 3 mesi, raggiunti a turno da alcuni dei loro 10 figli e quella fu l’occasione per stringere amicizia con alcuni faentini, fra gli altri, Giuliano Bettoli, gli storici Enzo Casadio e Massimo Valli, appassionati ricercatori sui fatti della 2° Guerra Mondiale.

Durante quel soggiorno, Arthur rilasciò un’intervista a Giuliano Bettoli; ne riporto uno stralcio emblematico: <<…La guerra, la terribile guerra che mi strappò ragazzo dalla mia Patria, che mi portò via tanti amici fra i più cari, che provocò dolori e rovine senza fine, a me ha dato la fortuna di aver incontrato Netta. E’minuta mia moglie, è piccolina, ma è lei il vero boss della mia casa. Debbo tutto a lei. E se la mia famiglia è stata ed è così solida, lo è perché è fondata sulle pietre di Faenza. Faenza è davvero la mia seconda Patria.>> E dicendo queste due ultime frasi, batté una mano sulle spalle di Netta. Fecero ritorno a Nelson, da dove Arthur iniziò una proficua ed importantissima collaborazione con Casadio e Valli, nell’ambito delle ricerche storiche sulle truppe neozelandesi in Italia nel periodo dell’ultimo conflitto mondiale, anche perché tra i reduci di quella guerra e Faenza si era stabilito un solido ed indistruttibile rapporto. Passano 7 anni, durante i quali i rapporti tra i Gladstone e Faenza si fanno sempre più frequenti ed i sentimenti di amicizia con parecchi faentini sempre più profondi, molto per merito della calorosa amabilità di Arthur. Ed arriva la Primavera del 2002. Bettoli, Casadio e Valli hanno la grande pensata di onorare Arthur, il grande, generoso amico, liberatore di Faenza, nonché innamorato marito della sua Netta, la minuta faentina incontrata alla “Curinaza” 58 anni prima, tra le tragedie di quella  dolorosissima guerra.




Peter Gladstone ringrazia la Comunità Faentina
per il riconoscimento conferito ad Arthur. 9 giugno 2002.

Antonietta e Arthur festeggiano
il "Faentino Lontano" a Nelson (NZ).

La tomba di Antonietta Dalmonte Gladstone
 nel Wakapuaka Cemetery di Nelson (NZ).


Propongono di assegnare ad Arthur Gladstone l’onorificenza di Faentino Lontano, sic !!!
Il grande problema è che, tra le norme che regolano l’assegnazione dell’onorificenza, c’è  una precisissima ed insormontabile condizione: il candidato deve tassativamente essere nato a Faenza; come fare ? Durante la decisiva riunione dell’apposita Commissione, prende la parola Giuliano Bettoli che, con intenso fervore ed argomentazioni inoppugnabili e disarmanti, si produce in un’arringa degna  di un Principe del Foro. La Commissione si convince, si adegua ed acconsente ma riconosce la necessità di non rischiare di fare dei permali agli amici neozelandesi Maori, anch’essi valorosi liberatori della Città. Viene stabilito che Faentini Lontani saranno 2: Arthur Gladstone ed il reduce Maori John Waititi, anch’egli grande amico di Faenza e dei faentini. Arthur ha qualche acciacco ed inizia a sentire il peso degli anni, Netta non sta troppo bene, così, nel Giugno del 2002, arrivano a Faenza Francesca e Peter Gladstone, 2 dei 10 figli e sarà Peter a ritirare la pergamena con la preziosa onorificenza; la porterà a Nelson, dove i genitori l’accoglieranno con incontenibile commozione. Il 15 Aprile 2003, purtroppo, muore Antonietta, l’amatissima Netta che Arthur ha onorato ed infinitamente amato fino alla fine, per 59 anni, forse ancora troppo pochi, per un amore reciproco tanto grande quanto incredibile. Almeno ci sono i figli ed un innumerevole stuolo di nipoti e pronipoti vicino al vecchio soldato rimasto solo.


Sull”Italian Memorial Walk” nel  Wakpuaka Cemetery di Nelson, c'è la tomba della nostra Antonietta con l'immagine della Beata Vergine delle Grazie ed una bandierina italiana. Arthur se ne va il 17 Agosto 2011, a 90 anni ma la storia, cominciata il 19 Dicembre 1944, non è finita perché spesso un qualche figlio di Arthur ed Antonietta viene a Faenza a ripercorrere i luoghi della mamma e quelli che hanno visto nascere quell’amore, grazie al quale loro sono venuti al mondo. Come se non bastasse, con l’avvento dei Social Network, in particolare Facebook, col gruppo di SEI DI FAENZA SE..., io e molti altri faentini siamo quotidianamente in contato con quasi tutti i Gladstone- Dalmonte. La cosa che ogni giorno mi commuove è toccare con mano il legame e la passione con la quale essi seguono le vicende di Faenza, la città della loro mamma, la città liberata dal loro padre. Ogni giorno, in tempo reale, guardano e commentano le vecchie e nuove foto di Faenza che io quotidianamente pubblico, si sentono qui con noi, non solo virtualmente e ce lo fanno sentire con calore e partecipazione.

Non so quante volte ho ripetuto la parola AMORE in questo mio scritto, so solo che per quella meravigliosa parola, per il messaggio che contiene e per il legame che si è stabilito con quegli amici così lontani, dobbiamo gridare: <<Grazie Arthur, grazie Netta !!!>>



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