Relazione storica sulla ex Chiesa della SS. Annunziata in Faenza

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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RELAZIONE STORICA SULLA EX CHIESA
DELLA SS. ANNUNZIATA IN FAENZA

Stefano Saviotti

Storia del fabbricato.

     La chiesa sorge su un modesto rialzo del terreno che nel Medioevo era detto Podium S. Antonini, in quanto vi sorgeva il primitivo sito della chiesa di S. Antonino, attestata dal 1022 quando la sua cappellania fu concessa dal Vescovo Ildebrando al monastero di S. Ippolito (Mittarelli). Tale chiesa (segnata con la lettera O nella mappa di inizi ‘800 – allegato 1) fu poi demolita nel 1817 e la cura d’anime passò nella chiesa già delle Monache della Trinità. La nascita della chiesa dell’Annunziata si collega invece alla presenza di un “hospitale” per i pellegrini diretti a Roma lungo l’adiacente via Emilia. Tale ostello era gestito almeno fino dal 1355 da una confraternita di laici (uomini e donne), la “Società dei devoti della B. Maria Vergine di Porta Ponte”, che si sosteneva tramite lasciti ed offerte. A quei tempi però la Confraternita non aveva sede propria, e celebrava le proprie funzioni nella chiesa di S. Antonino. Il 15 maggio 1449 il vescovo Francesco Zanelli concesse alla Confraternita (popolarmente detta anche Compagnia) di costruire una propria chiesa, ma trascorsero ancora parecchi anni prima che fosse possibile raccogliere i fondi necessari per l’acquisto del terreno.


Chiesa della SS.Annunziata in un disegno a china di Sandro Maggi, 1996.
  Il 1° dicembre 1470, l’abate di S. Ippolito cedette alla Compagnia una porzione di terra ed altra fu acquistata da una certa Costanza, così da poter erigere chiesa e sacrestia che nel 1486 erano certamente compiute, visto che vi si tenne l’adunanza per eleggere il Priore ed i Massari. Dalla Visita Pastorale del 1573 si rileva che l’ospedale contava 4 letti. Nel 1721 la Confraternita si unì con quella della SS. Incoronata e nel 1739 si aggregò all’Arciconfraternita del Nome di Maria alla colonna Traiana in Roma (decreto di Innocenzo XI). Divenuta così “Arciconfraternita del SS. Nome di Maria nella chiesa della SS. Annunziata”, il suo prestigio si accrebbe ed anche i lasciti aumentarono. A quel tempo, la Compagnia possedeva due piccoli poderi ed altri terreni nella campagna faentina per circa 8 ettari, e cinque case in Borgo a Faenza. Nel 1746 la chiesa fu ricostruita, su progetto dell’Arch. Raffaele Campidori e di Pietro Tomba senior; l’edificio fu completato verso il 1750, con la spesa di 431 scudi. Adiacente alla chiesa vi era l’oratorio privato dei confratelli con stalli in legno, e coperto mediante tre volte a crociera forse risalenti alla costruzione originaria tardo-quattrocentesca. Sulle pareti erano affrescati gli stemmi dei vescovi Nicolò Maria Lomellini (1729-42) e Giovanni Tanari (1827-32), e quelli di vari benefattori; vi era poi la sacrestia. Gli altari laterali della chiesa erano dedicati a S. Giovanni Gualberto ed ai SS. Benedetto e Scolastica; vi era infine un piccolo campanile con cuspide piramidale, iniziato fin dal 1708 dal capomastro Antonio Buscaroli ma terminato solo dopo il 1752 (vedi la foto anteguerra – allegato 3).
     Un inventario del 1752 (Archivio Diocesano, Inventari) dà una sommaria descrizione dell’immobile. Da una porta a destra rispetto l’ingresso della chiesa si accedeva al complesso dell’ospedale; dapprima si incontrava il cosiddetto “ricovero” per il ricevimento dei pellegrini, posto accanto al campanile, poi un cortile da cui si accedeva alla casa del crocifero, o custode dell’ospedale, composta da cinque camerette e dotata di pozzo con abbeveratoio di pietra. Dopo la casa del crocifero vi era un altro cortile con piccolo portico, sotto il quale vi erano la caldaia di rame ed il lavatoio. Seguiva uno stanzino detto il “Caminazzo” dove gli ospiti potevano scaldarsi; ed infine l’ospedale vero e proprio, con 14 letti (costituito da un solo stanzone). Sopra oratorio, sacrestia e ricovero si trovavano tre solai, più un altro sottotetto ad uso legnaia e stenditoio; il resto era a solo pianoterra. Nel 1752 le entrate della Compagnia ascesero a 185:66:6 scudi, le uscite a 141:49:6.


La chiesa della SS. Annunziata oggi.
     In seguito all’occupazione francese del 1797 la Compagnia fu soppressa, e i suoi beni espropriati e messi all’asta nel 1804; chiesa ed ospedale furono così acquistati da Gioacchino e Domenico Ugolini, e l’anno seguente nuovamente ceduti a Gaetano e Domenico Folli, Domenico Vassura, Antonio Boschi e Pasquale Pezzi per 550 scudi (Archivio Notarile, vol. 6007, Not. Marco Poggi, 9 marzo 1805). Dopo la restaurazione, i membri della ricostituita Compagnia riuscirono a recuperare il complesso (voltura n. 118 del 13 maggio 1824), ma essendo ormai stati privati di quasi tutte le antiche rendite poterono a malapena riavviare la sola attività di culto. Come risulta dai registri del Catasto Urbano, riformato nel 1875, la Compagnia possedeva unicamente la chiesa, aperta al culto pubblico, e la casa adiacente di 18 vani, in gran parte affittata e che costituiva l’unica fonte di reddito di qualche entità (Archivio di Stato Faenza, Registri Partitari, vol. 2, partita 386). Nel 1927, le entrate ammontavano infatti a 1.655 Lire, di cui 1.300 dagli affitti. Il questionario allegato alla Visita Pastorale del 1927 descrive l’edificio come costituito da tre corpi: quello verso il corso, con sei vani disposti su tre piani, uno verso il vicolo composto di quattro vani al pianoterra, ed un corpo centrale con sei vani disposti su due piani. Evidentemente, nel corso dell’Ottocento gli originari solai erano stati ristrutturati ad uso abitativo ed era avvenuto qualche altro ampliamento. Vi era naturalmente la chiesa, mentre il coro fungeva anche da sacrestia. L’immobile si trovava in stato mediocre e necessitava di restauri, ma la Confraternita non aveva mezzi sufficienti; il Vescovo Bovelli dispose quindi la formazione di una commissione tra i Confratelli per studiare il modo per svolgere i lavori.

     Non sappiamo se poi i restauri furono effettivamente eseguiti: in ogni modo, il passaggio del fronte bellico portò danni gravissimi al complesso. Nel 1944 il campanile venne fatto saltare, e nel crollo travolse sacrestia, coretto e tutta l’ala di fabbricato sul fianco destro della chiesa. I 10 vani rimasti integri, posti lungo corso Europa e vicolo S. Antonino, furono venduti a Giuseppe Tanesini ed Alma Reggiani (atto Not. Cattani n. 2761, 22 luglio 1947) e separati dal resto. La Confraternita non riuscì a reperire i fondi per la ricostruzione, ed anche la chiesa (che pure non aveva subito danni rilevanti) fu lasciata in abbandono per molti anni; dell’ala crollata venne lasciato in piedi solo il muro di cinta lungo il vicolo. Mediante Conc. Ed. n. 582 del 26 ottobre 1983 (Prot. Ed. 1697 del 8 settembre 1983), fu possibile per la Confraternita avviare i lavori di restauro della chiesa, sotto la direzione dell’Arch. Crispino Tabanelli. La ricostruzione della sacrestia e del resto dell’ala crollata venne invece realizzata mediante Conc. Ed. n. 209 del 29 maggio 1985 (Prot. Ed. 1738 del 4 settembre 1984), riproponendo perimetro e volumetria originari, e destinando i locali ad appartamenti.

Note sugli elementi d’interesse storico-artistico allo stato attuale.

    Attualmente le componenti architettoniche esterne ed interne della chiesa si presentano in buone condizioni, mentre gli altari settecenteschi in scagliola a finto marmo evidenziano diverse lacune sia nelle cornici sia nelle parti scultoree (putti con braccia o teste mancanti). Mancano inoltre le mense degli altari laterali, che pure risultano esistenti nel rilievo dell’Arch. Tabanelli (vedi allegato 4) ed in alcune foto degli anni Settanta pubblicate sul volume Faenza: la città e l’architettura (vedi allegato 5). Il pavimento in quadrelli di cotto è moderno. Negli anni Duemila, l’aula della chiesa veniva utilizzata solo per mostre temporanee nell’ambito di feste borghigiane, come la Fiera di S. Lazzaro, ma attualmente è destinata a studio professionale. Il corpo di fabbrica adiacente, interamente ricostruito nel 1985, non presenta più alcuna vestigia del passato anche se l’aspetto esteriore è conforme alla tipologia architettonica tradizionale. Il finestrone ad arco ribassato che illumina l’ampia sala attigua alla chiesa è l’unica testimonianza rimasta dell’antico coretto della confraternita. 

Bibliografia.

AA.VV., Faenza: la città e l’architettura, Faenza 1978.
Italia Nostra, La chiesa della SS. Annunziata nel Borgo Durbecco di Faenza, Faenza 1986.
Lorenzo Savelli, Faenza - Il Borgo Durbecco, Faenza 1993.


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