Note storiche sulle chiese dei monasteri femminili della città...

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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NOTE STORICHE SULLE CHIESE DEI MONASTERI FEMMINILI
DELLA CITTÀ DI FAENZA DURANTE L'ETÀ MEDIOEVALE E MODERNA
(SECOLI XIII - XVIII)

Ruggero Benericetti


Fin dall'Alto Medioevo esistevano a Faenza, appena fuori delle mura della città, alcuni monasteri regolari benedettini. Il più antico nacque presso la basilica di Santa Maria Foris Portam, ad Occidente dell'abitato. Contemporaneamente o poco dopo ne apparve un secondo, quello dei Santi Ippolito e Lorenzo, ad Oriente, quasi all'opposto del primo. I fondatori di questi due cenobi sono forse da ravvisare nei vescovi locali. Entrambi i monasteri vennero riformati verso la metà del secolo XII da monaci di osservanza romualdina e precisamente dagli Avellaniti quello di Santa Maria e dai Camaldolesi quello di Sant'Ippolito. In quello stesso secolo XII, che coincide con importanti trasformazioni della società e che vede nascere il Comune cittadino, sorse, ad Oriente della città, una casa appartenente all'ordine cavalleresco dei Giovanniti, con una chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena ed un ospedale intitolato al Santo Sepolcro. Vide la luce in quello stesso secolo anche il priorato vallombrosano di Sant'Apollinare dell’Arco, a sud della città. In quei secoli non esistevano ancora a Faenza fondazioni monastiche femminili, che pure sono attestate nella vicina Ravenna fin dal secolo IX.


Il Monastero di San Maclorio in un disegno dell'autore.
Col secolo successivo, il XIII, in concomitanza con la nascita e la diffusione degli ordini mendicanti, le fondazioni regolari si moltiplicano. Il primo monastero del nuovo secolo sembra sia da ravvisare in Santa Perpetua, un priorato di Canonici regolari di San Marco di Mantova che sorgeva fuori della Porta Montanara (1). Seguono i priorati di San Martino dell'Isola e di San Prospero, entrambi appartenenti ai Canonici regolari di Santa Maria in Porto di Ravenna(2). Coevi a questi ultimi, e presso di loro, sorgono i primi monasteri femminili della città. Il primo sembra sia stato il convento delle Clarisse, che nacque presso il monastero di San Martino dell'Isola, a sud della città, alla confluenza dei fiumi Lamone e Marzeno. Un po' posteriore è il monastero benedettino vallombrosano di Santa Umiltà, fondato dall'omonima monaca, al secolo Rosanese dei Negusanti, detto inizialmente Santa Maria Novella della Malta, non lontano dall'Ospedale del Santo Sepolcro. Quindi compare il monastero delle suore chiamate Frisie, intitolato alle Sante Lucia e Cecilia, sorto presso il monastero di Santa Maria Fora Portam. Quasi contemporanee sono le fondazioni di Santa Caterina delle monache domenicane, nella via omonima (via Cavour) e di San Maglorio, cenobio camaldolese fondato presso una Cella eremitica detta di Fra Lorenzo. Alla fine del secolo è documentata una comunità femminile presso Santa Perpetua. Nei secoli successivi si aggiunsero alle precedenti la fondazione cistercense di Santa Lucia, del secolo XIV, e quella camaldolese della Santissima Trinità del Borgo del secolo XVI. Nello stesso secolo comparvero i monasteri mendicanti delle Domenicane di Santa Cecilia e delle Clarisse di San Paolo. Le fondazioni suburbane, col secolo XV, furono incluse dentro le mura. Nel frattempo i monasteri più distanti determinarono, per motivi di sicurezza, cioè per sfuggire agli eserciti assedianti, di trasferirsi dentro la città. Il primo a seguire questa strada fu Santa Chiara, nel secolo XIV, seguito da Santa Perpetua, nel secolo XV, e da Sant'Umiltà, all'inizio del XVI. Alcuni di questi istituti non sopravvissero a lungo. Le monache di Santa Perpetua, canonichesse regolari di San Marco di Mantova, sono documentate solo tra il 1291 ed il 1361 (3). Anche le suore Frisie del monastero delle Sante Lucia e Cecilia sono documentate solo tra gli anni 1298 e 1465 (4). Infine le suore Santucce sono documentate solo negli anni 1301-1475 (5).

Il campanile di San Domenico, in un disegno dell'autore.
Si trasferirono nella chiesa urbana dei Santi Gervasio e Protasio ma all'inizio del secolo XVI risultano scomparse (6). Coi secoli XVII-XVIII appaiono infine alcuni istituti di Terziarie, Francescane e Domenicane, che, senza sede comune, pare esistessero da tempo. Di nuova istituzione è invece una comunità di monache Oblate Camaldolesi, che compare nel secolo XVIII. Di quasi tutti questi istituti si conoscono i fondatori, religiosi dei rispettivi ordini. Essi vennero sostenuti dai vescovi e da altri benefattori, compresi i Manfredi. I monasteri concessero volentieri i loro terreni alle monache affinché vi edificassero le loro case. Parte di questi monasteri dipendeva direttamente dai religiosi del rispettivo ordine, francescano, domenicano, camaldolese, vallombrosano; parte era invece soggetto direttamente al vescovo. Questi istituti, inizialmente poverissimi, consolidarono col tempo la loro posizione economica, specie durante i secoli XVI-XVIII.  Il loro patrimonio si accrebbe principalmente grazie alle doti ed alle donazioni. Le prime erano versate dalle famiglie al monastero al momento della professione religiosa delle figlie. Le seconda erano una conseguenza dell'opera benefica compiuta dalle monache, specie nel campo della educazione. La storia della città in età moderna è molto influenzata da questi istituti. Essi promuovevano la vita religiosa e la spiritualità propria del loro rispettivo ordine. Ma si inserivano anche molto nella vita economica cittadina, con i loro laboratori ed officine, dove si esercitava con estrema professionalità la filatura, la tessitura, il taglio ed il ricamo. Ma l'opera principale svolta nei monasteri era certamente, come abbiamo detto sopra, quella educativa. Alcuni di essi anzi, ad esempio quello delle monache Clarisse di San Paolo, erano nati proprio per questo scopo.
Non va trascurato tuttavia, e qui ci addentriamo più a fondo nel tema oggetto di queste note, l'apporto dato dalle monache alla promozione delle arti quali l'architettura, la scultura e la pittura, specie nella costruzione e ornamentazione di chiese ed oratori.


Il libro dal quale è stato preso l'articolo.
Grande anche l'impulso offerto, assieme a quello dei conservatori, della Cattedrale e dei monasteri maschili, alla vita musicale della città, allora molto vivace, specie in occasione di solenni feste. In questo studio non si prenderà dunque in considerazione la storia dei diversi istituti in tutti i suoi aspetti, spirituali, culturali, economici e sociali, ma ci si concentrerà sulle loro chiese ed oratori, un po' come si e fatto nella precedente ricerca sulle chiese delle confraternite urbane. Qualche cenno comunque, al termine della trattazione, riguarderà l'origine e lo sviluppo architettonico e decorative degli edifici monastici annessi alle chiese.  Le monache di Faenza dedicarono particolare cura ad edificare ed ad ornare belle ed ampie chiese esterne, a utilità della città, alle quali assicurarono quel servizio liturgico e pastorale che si esplicava particolarmente nel diffondere le devozioni particolari del loro ordine.
Questi edifici, risalenti all'epoca medievale o rinascimentale, vennero ampliati o ricostruiti in gran parte nei secoli XVII-XVIII in quelle forme barocche o tardo barocche che rappresentano ancora oggi un tratto caratteristico della città. Questa indagine, che inizia in qualche caso col secolo XIII, si interrompe alla fine del secolo XVIII, quando buona parte degli istituti qui studiati venne soppresso ed i beni incamerati. Alcuni di essi tuttavia (San Maglorio e Santa Chiara) sopravvissero. Altri riaprirono alcuni anni dopo. Sono quegli stessi che, sebbene trasmigrati in nuove sedi, sussistono tuttora.
La loro storia durante i secoli XIX e XX non è oggetto di queste note. L'argomento di questo studio, la storia delle chiese dei monasteri femminili, ha una certa tradizione. Numerosi lavori esistono sulle chiese monastiche di Santa Chiara, San Maglorio e Sant'Umiltà. Di altri, che scomparvero alla fine del secolo XVIII, la letteratura storica non è altrettanto ricca. Vi sono tuttavia alcuni lavori sugli antichi monasteri di suore domenicane e francescane. Di quello camaldolese della Santissima Trinità del Borgo hanno ampiamente trattato gli Annalisti Camaldolesi Mittarelli e Costadoni nel secolo XVIII. Di altri monasteri, come Santa Caterina delle Domenicane, Santa Lucia delle Cistercensi e San Paolo delle Clarisse vi sono note sparse, per lo più contenute in opere riguardanti la storia dell'arte faentina. Ogni monografia di questa indagine contiene la storia degli edifici di culto, architettonica e decorativa. Gli istituti sono presentati in ordine cronologico, non geografico.

Note

1) S. TRAMONTIN, Canonici Regolari di San Marco, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, II, Roma 1975, pp. 122-123.
2) C. EGGER, Canonici Regolari di Santa Maria in Porto, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, II, Roma 1975, pp. 147-148.
3) M. T. PEZZI, Aspetti della vita quotidiana nel monastero di 'Sancta Perpetua prope Faventiam' al tempo del priore Gregoriiis Frugerii de civitate Verona (XIII secolo), in Studi e ricerche del Liceo Torricelli. Faenza, 10 (2012), pp. 139-154.
4) Costruirono il loro monastero nel 1298 nella parrocchia di San Severo, vicino al canale. Il loro nome deriva da quello della fondatrice, suor Frisia Cossa. Sembra fossero canonichesse regolari di San Marco di Mantova, come le consorelle che abitavano fuori dalla porta Montanara. Pare dipendessero in effetti dai priore di questo monastero. Cf. ACF, Cl, lura antiqua, f. 42, concessione del 25 novembre 1298. Cf. F. LANZONI, Cronotassi dei vescovi di Faenza, Faenza 1913, p. 177.
5) L. NOVELLI, Santucce, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, VIII, Roma 1988, pp. 947-948. Furono fondate dalla beata Santuccia Terabotti di Gubbio. Professavano la regola di san Benedetto. Furono sciolte verso la meta del secolo XVI.
6) ACF, C 25, Liber Censutum 1497-1547, f. 10.




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