Le due Olimpie

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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LE DUE OLIMPIE

Marcella Vitali

Qualche anno fa Banca di Romagna acquistò un busto in scagliola con alla base I'iscrizione incompleta OLIMPIA MILZETTI Fos. È il ritratto di una giovane fanciulla con acconciatura alla moda negli anni '20-'30 dell'Ottocento, con parte del capelli divisi, parte raccolti sul capo e due lunghi riccioli che scendono lungo il collo; pochi i dettagli, nessun accenno di abito, nessun gioiello, a ribadire I'ascendenza classica del busto che eleva la figura ritratta ad una dimensione volutamente aulica.
L'iscrizione mette in qualche modo in relazione la fanciulla con la famiglia dei conti Milzetti, proprietari del ben noto palazzo di via Tonducci, tuttavia nell'albero genealogico Milzetti non ricorre mai il nome Olimpia, inoltre le tre lettere FOS dell'iscrizione incompleta lasciano capire che la fanciulla non era una Milzetti ma aveva sposato un Milzetti.L'identità della fanciulla viene svelata dalla lapide funeraria nella parete destra della Cappella Milzetti, la seconda a sinistra nella chiesa di Santa Maria dell'Angelo; sotto il medaglione circolare col ritratto femminile di profilo I'iscrizione recita: "Ad Olimpia di Giuseppe Foschini / morta d'anni 19 il 1833 / qui con Adelaide sua / di un anno appena / in Cristo congiunta / fece Paolo Antonio Milzetti / sposo ahi per soli 28 [m]es[i]!

Olimpia Milzetti Foschini, busto in scagliola (acquisto di Banca di Romagna).

Lapide funeraria di Olimpia Milzetti Foschini, Faenza,
 Chiesa di Santa Maria dell'Angelo.


Quindi la breve vita di Olimpia Foschini si consuma nell'arco di soli 19 anni: nata nel 1814, sposata tra il 1830 e il 1831 a Paolo Antonio Milzetti e madre di una bambina morta ad appena un anno. II busto acquistato da Banca di Romagna, databile al periodo successive alle nozze, era stato impropriamente attribuito allo scultore Antonio Trentanove causa un numero maldestramente inciso sotto la base. Evidenti motivi d'ordine cronologico e stilistico - Antonio Trentanove era morto nel 1812 -potrebbero spostare I'attribuzione al figlio Raimondo, impeccabile scultore già attivo nell'ambito del Canova, morto nel 1832; meno convincente è comunque lo stile che indirizza piuttosto ad un ambito locale, quantomeno ad uno scultore attivo nel terzo decennio dell'800.
La giovane Olimpia probabilmente non ebbe modo di frequentare palazzo Milzetti o almeno non più delle altre nobildonne faentine. È noto infatti che Francesco Milzetti, appena dopo la conclusione dei lavori nel palazzo e le nozze nel maggio del 1805, soprattutto causa la carriera militare che lo teneva impegnato alla corte di Milano, lasciò Faenza tanto più che nel 1807, causa il fallimento, fu costretto a vendere il palazzo che, dopo i passaggi da Papiani a Ugolini, nel 1817 fu acquistato dai conti Rondinini. Lo sposo di Olimpia, Paolo Antonio (1807-1890), appartenendo al ramo cadetto dei Milzetti, era cugino del conte Francesco essendo figlio di Vincenzo e Angelica Grazioli, quindi nipote di Nicola padre di Francesco; non aveva interessi nel palazzo bensì abitava all'Agnesina, che nel Catasto dei terreni del 1826 è gia documentata come "casino di campagna con oratorio".
Non molto tempo dopo la morte della povera Olimpia, il conte Paolo Antonio Milzetti sposa Carlotta, figlia del medico e filosofo Augusto Laghi (1768-1833), proprietario della parte più prestigiosa del palazzo Spada prospiciente via del Filatoio, oggi corso Baccarini (attuale sede del Liceo Artistico). Gli sposi continuarono ad abitare all'Agnesina dove nacquero le gemelle Olimpia e Antonietta; ne offre testimonianza il Registro dei battesimi, conservato in Cattedrale che alla data 1° gennaio 1836 indica il battesimo delle figlie di Paolo e Carlotta "abitanti nel casino di campagna di speranza" (sic!) avvenuto a Castel Raniero nell'oratorio del dott. Giovanni Tassinari.
II documento quindi offre interessanti indicazioni: innanzi tutto la nascita di due figlie, tuttavia di Antonietta non restano tracce successive, inoltre il conte Paolo Antonio ricorda la prima moglie Olimpia col nome della figlia nata dalle seconde nozze; altri dati sono relativi all'Agnesina dove probabilmente erano ancora in corso dei lavori, infine I'esistenza di un oratorio, forse una cappella presso villa Orestina, allora di proprietà Tassinari.

Romolo Liverani, bozzetto delle decorazioni realizzate a Villa Agnesina.

Di villa Agnesina in realtà non sappiamo molto, soprattutto perché non ci è pervenuta traccia dell'edificio e degli interni nella prima metà dell'Ottocento, che furono interessati anche da interventi decorativi. Un disegno di Romolo Liverani conservato in un album della Biblioteca Piancastelli di Forlì (III, n. 3/11) documenta le decorazioni della stanza da ricevere nella villa "La Gnisina" (cosi scriveva Romolo) del signer conte Paolo Milzetti anno 1836. Si tratta di due scene, una con grandiosa villa sul lago, edifici classici e salici piangenti, I'altra con castello e faro sul mare, alberi ed edifici classici. I lavori in corso nella villa al momento della nascita delle figlie si conclusero quindi nel 1836 con le decorazioni di Romolo Liverani. Della seconda Olimpia che avrà vita più lunga della prima, morirà infatti il 4 marzo 1923, restano due singolari immagini,una relativa all’infanzia e I'altra alla vecchiaia.




A  lato, lapide di Carlotta Laghi Milzetti e Paolo Milzetti.
Faenza, Cimitero dell'Osservanza.
Sopra, particolare della lapide funeraria.




II ritratto di Olimpia bambina col gattino si impone per la qualità, la cura meticolosa nella resa del soggetto dallo sguardo vibrante e la restituzione oggettiva non esente da umana e tenera partecipazione; è opera di Gaspare Mattioli (1806-1843), abile ritrattista di formazione purista e di temperamento romantico che si segnala per la qualità esecutiva, i modi raffinati e la capacità di introspezione. II ritratto ora in collezione privata era esposto in una parete di casa Betti poi Ghirlandi insieme ad un ritratto di gentiluomo e di una gentildonna con abiti alla moda negli anni '40 dell'Ottocento, forse i genitori di Olimpia (E. GOLFIERI, La casa faentina dell'Ottocento, Parte prima, Faenza 1969, scheda n. 42); qui dovevano essere pervenuti grazie alla parentela essendo la nipote di Olimpia, moglie di Gustavo Betti.
I nome della seconda Olimpia, I'ultima del ramo cadetto dei Milzetti, è inciso in un tondo in scagliola con I'immagine del volto di una figura femminile di profilo, nell'arcata 93 del Chiostro Novizi del Cimitero faentino dell'Osservanza; in realtà I'iscrizione dedicatoria nella lapide sottostante, rivelando la testimonianza d'affetto di Olimpia nei confronti dei genitori Carlotta e Paolo, lascia intendere che I'effigie simbolica non è relativa ad una defunta ma all'offerente. La sigla D.G.U.F. indirizza al plasticatore faentino Don Giovanni Utili (1802-1878) allievo del Ballanti Graziani che, con un classicismo ormai attardato, curiosamente deve aver tenuto ben presente il medaglione della prima Olimpia riproposto con poche varianti.


Gabriele Mattioli, ritratto di Olimpia Milzetti (propr. privata).

Francesco Nonni, Caricatura di Olimpia Milzetti.
Proprietà privata.

Olimpia non ebbe vita facile, soprattutto per seri problemi finanziari. Nel 1882 aveva acquistato il palazzo Spada, già di proprietà della famiglia materna, che nel 1868 era stato venduto al conte Filippo Strozzi di Lugo; causa però i suoi dissesti finanziari, nel 1896 il palazzo fu messo all'asta. L'altra immagine pervenutaci della seconda Olimpia è una gustosa caricatura realizzata da Francesco Nonni, ora in collezione privata (riprodotta in S. Dirani, Francesco Nonni caricaturista, Faenza 2005, n. 3; e in J. Bentini (a cura di), Art Nouveau a Faenza. II cenacolo baccariniano, cat. della mostra, Faenza 2007, p. 165), che la raffigura nell'estrema vecchiaia quasi paludata in un ampio scialle che ricorda la stoffa per tappezzeria, con un curioso improbabile cappello. Aleggia però ancora il vago ricordo dell'Olimpia bambina: il cagnolino affettuosamente stretto tra le braccia dell'ossuta e ridicola vecchietta par quasi una lontana eco del gattino del piacevole ritratto del Mattioli.


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