La cripta della chiesa dei Santi Ippolito e Lorenzo in Faenza |
"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici. |
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La cripta della chiesa dei Santi Ippolito e Lorenzo in Faenza
Andrea Gualandri articolo tratto da:«Cent'anni, celebrazione del centenario del Circolo giovanile» "Giuseppe Toniolo" Quando nel 1988 Adriano Cavina pubblicò le sue considerazioni sulla cripta della Chiesa dei Ss. Ippolito e Lorenzo, suggeriva di proseguire lo studio della costruzione con l'analisi dei singoli particolari costruttivi. Non aveva però immaginato che don Luigi Gatti nel 1997, parroco pro tempore, avrebbe intrapreso scavi estesi a tutta pavimentazione della cripta ed oltre e che ciò avrebbe svelato diverse costruzioni antiche e nuovi interrogativi. In particolare si perde nella notte dei tempi la motivazione dell'intitolazione della chiesa a due Santi in questo caso i protomartiri Ss. Ippolito e Lorenzo. Generalmente ciò è dovuto all'accorpamento di due edifici di culto ravvicinati e per la soppressione di uno di essi oppure per la presenza contemporanea di due benefici all'interno dello stesso luogo. È comunque necessario prima di illustrare i ritrovamenti una sintesi storica descrittiva della cripta fino ad oggi nota. Posta sotto l'altare maggiore della chiesa dei Ss. Ippolito e Lorenzo in Faenza è il monumento integro più antico di Faenza e risulta composto da tre vani: uno principale e centrale a due navate con colonnato centrale e copertura a crociera. Una delle tre colonne funge all'incirca da centro dell'abside coperto da voltini poggianti su lesene appoggiate al muro dell'abside. Questo è l'ambiente più antico ed in particolare la zona absidale è costruita, come tradisce la differente muratura, in più fasi. L'ambiente è in gran parte costruito riutilizzando materiale di antichi edifici di epoca romana, alcuni databili per caratteristica tra il III e IV secolo d.C.
Asportato questo secondo pavimento da tutta la superficie della cripta sono comparsi, sepolti da ripetute colate di limo argilloso, affioramenti di antiche murature romane di diversa dimensione e metodo costruttivo. In particolare il vano principale presenta una muratura di larghezza di circa 50 cm. in frammenti di laterizio legati da cocciopesto di consistenza friabile (rif. n. 7) mentre il vano di sinistra presenta un'imponente muratura di spessore cm. 150 in sequipedale a vista (mattone di grande dimensione pari a un piede e mezzo romano, circa mt. 0,50) ed interne in ciottoli di fiume (rif. n. 12). Il tutto legato da malta in cocciopesto estremamente tenace. I primi due muri hanno andamento perpendicolare l'uno all'altro. Nel terzo vano, a destra di quello principale, un terzo muro sempre a sesquipedale (rif. n. 4), risulta avere malta diversa dai precedenti ed andamento su due direzioni perpendicolari.
Purtroppo la limitata possibilità di estendere gli scavi non ha permesso di rilevare esattamente l'andamento dei muri ritrovati lasciando cosi incerta ogni ipotesi sulla pianta e sulle fasi evolutive delle costruzioni primitive. Nella seconda meta del '700 la chiesa abbaziale soprastante venne ampliata mutilando la simmetria del vano di sinistra con la costruzione di uno spesso muro di fondazione dell'abside soprastante e la cripta venne abbandonata ed utilizzata quale cantina. Conferma la destinazione il pozzetto ritrovato nel vano principale (rif. n. 8), tipico delle cantine settecentesche. Non solo. Vennero costruite opposto all'abside della cripta, tre camere sepolcrali diverse, non collegate tra loro. In esse si accedeva da botole superiori ancora oggi indicate nella pavimentazione da croci incise nelle piastrelle ed impedirono per sempre l'accesso dal deambulatorio alla cripta. Ma non viceversa. Dalla cripta, riaprendo l'antica porta sul muro perimetrale, attraversando una stretta breccia è oggi possibile l'ingresso alla camera centrale. Ripulita la pavimentazione dalla calce è comparsa una primitiva pavimentazione a sesquipedali integri o frammentati (rif. n. 14), delimitati da un muro dall'andamento curvilineo realizzato in laterizio romano (rif. n. 15). Trattasi di struttura del tutto similare per dimensionamento al contrapposto abside ancora oggi esistente nell'alzato e costruito in più fasi, cosi come descritto dal Cavina nella citata precedente pubblicazione. L'edificio romano su cui è sorta la chiesa paleocristina era quindi a doppio abside contrapposto con direzione est-ovest. Trattasi di ritrovamento non consueto per la zona e che potrebbe spiegare l'intitolazione della chiesa ai due santi. Infatti questa conformazione permette di ospitare due cattedre contrapposte ma di ugual dignità. In adiacenza alla fondazione dell'abside ritrovato, sull'esterno, vi è una fossa, forse un antico ossario (rif. n. 16), dalla quale emerge su diversi livelli altra muratura di epoca romana. Difficilmente gli scavi potranno essere ulteriormente ampliati per la presenza dei sovrastanti edifici e all'esterno degli imponenti riporti di terreno resisi necessari per la costruzione delle mura medioevali. Le prove geologiche eseguite in prossimità della cripta e le stratigrafie riscontrate durante gli scavi ci provano che i primitivi edifici erano posizionati su una piccola altura prospiciente il fiume e chissà, forse il porto romano. Studiando quanto è affiorato al contorno e cosa affiorerà in futuro potrà avvalorare o meno l'ipotesi. |
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