L'antica chiesa gotica dei Servi di Faenza

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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L'ANTICA CHIESA GOTICA DEI SERVI DI FAENZA
DI MARCO CAVINA

   A Faenza (Ravenna), nell'attuale intersezione fra corso Saffi e via Manfredi, si erge l'imponente volume della chiesa dei Servi di Maria o dei SS. Filippo e Giacomo, oggi in stato di fatiscenza e non più consacrata al culto da svariati decenni dopo gli importanti danni bellici, affiancata da un'ampia e articolata struttura che per secoli è stata un'area conventuale molto ben organizzata e indipendente.
In realtà, sulla stessa pianta e con le stesse importanti dimensioni, dal 1300 circa fino all'inizio del '700 si ergeva una preesistente chiesa gotica, abbattuta per far posto alla chiesa che tutti conosciamo; quel sito, lungo la via che collega la piazza centrale al ponte sul fiume, storicamente è sempre stato caratterizzato da una chiesa; infatti, a breve distanza dalla chiesa dei servi, probabilmente fin dal X Sec., esisteva un secondo luogo di culto, una chiesa nota come Santa Maria in Curte (in Corte) o Santa Maria della Cappellina, situata più vicino al ponte sul fiume; quindi praticamente da un millennio in questo luogo è presente un edificio adibito al culto cristiano.
   La chiesa gotica, di notevoli proporzioni per l'epoca, venne edificata all'inizio del '300; il vescovo Ugolino depose simbolicamente la prima pietra della fabbrica il 14 Agosto 1313, vigilia dell'Assunta, e i lavori (sostenuti dalle offerte della popolazione e dai munifici emolumenti del locale signore Francesco Manfredi) si protrassero fino al 1343 e la chiesa venne poi donata ai Servi di Maria che si erano insediati in città dalla vicina toscana nel 1313, lo stesso anno dell'avvio dei lavori; in precedenza, lo stesso vescovo Ugolino, nel 1318, aveva affidato alle cure pastorali della confraternita la citata chiesa di S. Maria della Cappellina; nei pressi dei sito principale che caratterizzò il convento servita faentino, all'epoca era presente anche una seconda, piccola parrocchia, dedicati ai SS. Filippo e Giacomo, che finì accorpata alla nuova chiesa dei servi; il nuovo e imponente edificio gotico venne quindi intitolato ai due medesimi Santi Apostoli, divenendo chiesa dei Servi di Maria o dei SS. Filippo e Giacomo. La grande chiesa gotica dei Servi costruita a partire dal 1313  fa parte di un grandioso piano di rivalutazione avviato dai signori Manfredi che avevano appena acquisito il controllo sulla città, implementato quasi in contemporanea (1330 circa) dalla ristrutturazione dell'antico ponte romano sul fiume, lungo la stessa via, applicando due scenografiche torri merlate alte circa 24 metri (una della quali direttamente sul ponte) che lo resero famoso facendolo assurgere per secoli a simbolo stesso di Faenza.
   La grande chiesa gotica dei Servi, in posizione centrale, rivaleggiava in importanza col la stessa basilica Cattedrale (distante poche centinaia di metri ed edificata quasi 200 anni dopo) e nel corso dei 4 secoli in cui restò in piedi e consacrata si arricchì di importanti arredi ed opere d'arte, mentre l'attiguo convento vide alcuni confratelli beatificati alla gloria degli altari.
   A inizio '700 la chiesa gotica risultava in cattive condizioni e, seguendo la moda settecentesca di abbattere le chiese più vetuste e malconce sostituendole con edifici uniformati al modello tridentino stemperato nella lezione barocca, anche la ormai storica chiesa gotica dei Servi seguì lo stesso fato; peraltro la scelta non fu nemmeno così avventata perchè le cronache narrano che, quando si iniziò ad abbattere la struttura partendo dalla facciata anteriore, si innescò ben presto un improvviso collasso sequenziale, una sorta di effetto domino, che atterrò gran parte dell'edificio, segno evidente di precarietà strutturale. La nuova chiesa fu consacrata nel 1724, sebbene la sostituzione della vecchia torre campanaria con la nuova di imponenti proporzioni abbia avuto un  uno certo strascico temporale, e in questo fervore di rinnovamento che stampava chiese come timbri, sull'onda lunga di una Controriforma che rivendicava la centralità della Chiesa anche attraverso l'imposizione di un modello uniforme nei luoghi di culto, nessuno si prese la briga di documentare le fattezze del vecchio e venerabile edificio, nemmeno un frettoloso schizzo a carboncino: semplicemente cancellato dalla memoria!
   Oggi lo stesso ricordo che, prima dell'edificio attuale, per 4 secoli sia esistita una chiesa di fattezze gotiche che ne replicava la pianta tende a dissolversi, una eventualità catastrofica che occorre assolutamente scongiurare; quello che segue è il mio personale e modesto contributo.

   Per nostra immensa fortuna, nel 1698, poco prima che la ormai vetusta chiesa gotica fosse abbattuta, venne realizzata un accurato disegno completo di didascalie che descrive in dettaglio la pianta dell'intera area conventuale dei Servi; purtroppo non c'è alcun riferimento alle alzate, quindi non abbiamo idea di quale fosse l'aspetto della chiesa trecentesca, però la pianta accurata e le minuziose didascalie ci fanno capire com'era organizzata e possiamo anche valutare quali vani e strutture dell'annesso convento siano stati modificati o eliminati nel corso dei secoli, arrivando alla configurazione attuale.
   (Per questo documento devo ringraziare sentitamente l'amico Arch. Michele Meinardi il quale, durante la fase finale dei suoi studi universitari, ha realizzato una corposa ricerca sull'area conventuale dei Servi di Faenza e, nel corso di lunghe ricerche di archivio, ha individuato questa preziosa e allora inedita mappa che ha poi gentilmente condiviso con me).

Le parti grafiche della stessa pianta sovrapposte in scala ad una foto satellitare (ho realizzato questa immagine vari anni fa, quando la qualità delle immagini satellitari disponibili non era quella attuale); come si nota da alcuni dettagli (come in grande orto posteriore che ora è un giardino privato), i profili del rilievo seicentesco non raggiungono la perfezione geometrica, cosa giustificabile considerando i mezzi di allora, tuttavia questo disegno rimane comunque un documento molto prezioso; gran parte dei vani del convento solo attualmente occupati dalla Biblioteca Comunale di Faenza.

Questa immagine mostra la pianta della chiesa attuale, realizzata con rilievi effettuati alcuni anni fa, sovrapposta in esatta scala a quella della chiesa gotica del 1300; appare subito evidente come le dimensioni in pianta siano praticamente identiche, anche perchè il nuovo edificio doveva innestarsi nel chiostro e in altre strutture preesistenti del convento; inizialmente fu mantenuto il campanile originale (indicato da "E" nella pianta del 1698), poi venne sostituito dal colossale manufatto che compare in alto a sinistra (l'abside del rilievo moderno si compenetra in pianta col campanile gotico ma occorre considerare che l'abside attuale è stato ricostruito nel dopoguerra dopo il crollo di quello originale, probabilmente sfruttando quote differenti, oppure è possibile una imprecisione di misurazione nella pianta del 1698); occorre notare che la chiesa gotica prevedeva un portico anteriore ("H"), omesso nella chiesa del 1724 e inoltre, a sinistra, lungo la "via publica" che oggi è corso Saffi, era presente un'area cimiteriale di ragguardevoli proporzioni che, in due settori divisi da un muro ("G"), affiancava la chiesa per tutta la sua lunghezza, portico anteriore compreso, un'area attivamente utilizzata fino all'editto napoleonico "Extra moenia" che obbligata a trasferire fuori dalle mura cittadine i siti di sepoltura; attualmente tali aree cimiteriali corrispondono agli stalli per il parcheggio e al marciapiedi pedonale sul fianco settentrionale della chiesa. E' anche interessante notare che la chiesa gotica prevedeva un organo posto sopra la cappella della Concezione (a sinistra dell'altare maggiore, indicata con "L"; sul retro si notano le scale per accedere allo strumento) mentre il coro si posizionava nell'abside dietro all'altare stesso ("D").

Un dettaglio della pianta del 1698 con i particolari della chiesa gotica; non abbiamo alcuna informazione sulla struttura e sulle dimensioni della prima chiesa romanica, a sua volta abbattuta per fare posto a questo edificio.


   Questo dettaglio è ricavato da una vista d'insieme di Faenza realizzata nella seconda metà del '700 ed attribuita a Giuseppe Pistocchi, celebre architetto faentino, che è ora esposta nelle stanze dell'appartamento Durazzo, nel palazzo Eposcopale sede della Diocesi faentina; la grafica evidenzia la chiesa dei servi già in configurazione moderna, tuttavia il campanile, chiaramente sproporzionato nella scala, presenta una foggia che non corrisponde a quella della torre storicamente conosciuta e abbattuta dagli eventi bellici: forse l'autore ammirava ancora il vecchio campanile, residuo vestigiale della chiesa gotica, in procinto di essere a suo volta abbattuto e sostituito? Peraltro le cronache del tempo tramandano che, durante il suo abbattimento, la sfera che lo sormontava cadde al suolo inopinatamente, uccidendo un innocente cittadino che stava passeggiando in strada.
   Per un lungo periodo ho indagato cosa fosse concretamente rimasto della chiesa gotica trecentesca a noi posteri, considerando parti in muratura, arredi, suppellettili ed opere d'arte, ed ho stilato un elenco di 13 elementi che sono riassunti e descritti nell'immagine seguente, nella quale ho anche indicato la posizione originale, in certi casi individuata con qualche difficoltà perchè, ovviamente, non esiste un inventario delle opere d'arte e la relativa collocazione nell'edificio antecedente all'attuale...

Fra gli elementi originali della chiesa gotica o comunque ad essa riconducibili perchè utilizzati ed esposti al suo interno, troviamo quanto segue:

MURATURA:
- resti con decori nel muro divisorio fra la chiesa e il chiostro del convento, con strutture  risalenti alla chiesa gotica originale
- un arco gotico tamponato (n° 7)

ARREDI:
- acquasantiera lapidea scolpita (9)
- tabernacolo eucaristico (n° 1)
- frammento di crocifisso ligneo (n° 2)
- frammento di statua della Madonna con Bambino detta Madonna della Salute (n° 3)
- monumento funebre del Vescovo Pasi (n° 4)

OPERE D'ARTE:
- affresco con Beato Enea Utili nella sacrestia vecchia (n° 5)
- affresco col Beato Giacomo Filippo Bertoni nella sacrestia vecchia (n° 6)
- Maestro della Pala Bertoni, Madonna col Bambino, S. Giovanni Evangelista, il Beato Giacomo Filippo Bertoni e quattro angeli musicanti (n° 10)
- Bartolomeo Coda il Giovane, Madonna col Bambino in trono e Santi (n° 11)
- Giovan Battista Bertucci il Giovane, Madonna col Bambino e Santi (n° 12)
- Carlo Cignani, S. Filippo Benizzi contempla il Crocifisso (n° 13)

Passiamo quindi ad analizzare singolarmente questi elementi, osservandoli nel dettaglio in fotografie che ho realizzato personalmente, ad eccezione della pala n° 10.

TABERNACOLO EUCARISTICO

   Tabernacolo eucaristico pre-Tridentino in pietra serena e finiture in oro; venne realizzato nel 1480 ed è attribuito allo scultore Drudo Barilotto, padre del celebre Pietro, anch'egli eccellente scultore; il tabernacolo misura 122cm x 59,5cm e, come di consueto in epoca antecedente al Concilio di Trento, non era collocato sulla mensa dell'altare maggiore bensì in una posizione più defilata, in questo caso e con grande probabilità  murato nel pilastro che divideva la chiesa dalla sacrestia, viste anche le grandi dimensioni del manufatto stesso (oltre 1,2 metri); il tabernacolo è ora esposto nella Sala degli Affreschi al Museo Diocesano, presso il palazzo Episcopale della Diocesi faentina.

CROCIFISSO LIGNEO


   Frammento di grande crocifisso ligneo in legno di pioppo realizzato nel 1446 (?) dalla bottega o su influenza dello stile di Giovanni Teutonico; il frammento attuale misura 33 x 21 x 22cm  e in origine il crocifisso era collocato nella chiesa gotica nella cappella a destra dell'altare maggiore, denominata cappella del Crocifisso e di S. Anna.

   L'attribuzione diretta a Giovanni Teutonico non può essere confermata tuttavia questo crocifisso presenta evidenti analogie con quello conservato nella basilica Cattedrale e realizzato nel 1476 proprio da questo artista; il crocifisso, dopo 270 anni di permanenza nella chiesa gotica dei Servi, fu trasferito anche nella nuova struttura del 1724; durante il Secondo Conflitto, temendo per i bombardamenti e per eventuali collassi della chiesa, il crocifisso quattrocentesco fu trasferito nella cella sotto il massiccio campanile, una scelta infelice perchè la torre campanaria venne poi minata e fatta saltare nel 1944 e la sua immensa mole collassò sul crocifisso distruggendolo; con notevole sensibilità l'Arch. Giorgio Gualdrini, sotto la cui supervisione è stato concretizzato il Museo Diocesano dove i resti del crocifisso sono ora esposti, notava come - in quel volto martoriato e col naso mozzato - ai segni della passione si sommassero e stemperassero anche quelli prodotti dagli orrori della guerra.

MADONNA COL BAMBINO

   Una sorte analoga sortì anche questo frammento di 50 x18 x 18cm, l'unico rimasto di un'opera lignea di ignoto scultore emiliano-romagnolo che venne realizzata intorno al 1280 - 1290 e che raffigurava una Madonna col Bambino alta in origine circa 130 cm e comunemente nota come Madonna della Salute; questo lacerto martoriato è di grandissimo interesse storico perchè è il più antico arredo rimasto fra quelli che sono stati esposti nella chiesa gotica dei Servi e anzi, è documentato come fosse già presente addirittura nell'originale chiesa romanica di S. Maria in Curte (in Corte) o S. Maria della Cappellina, edificata nello stesso luogo ancor prima della chiesa gotica, un edificio con un antequem sicuro al 1159 (citazione esplicita in documenti dell'epoca) e nella quale la Madonna col Bambino fu esposta negli ultimi anni prima che la struttura romanica fosse sostituita da quella gotica, a inizio '300.

   Nella chiesa gotica la statua lignea era collocata nella cappella con altare a fianco dell'altare maggiore, denominata cappella della Concezione; anche in questo caso questa statua, già da tempo venerata come Madonna della Salute, fu trasferita ed esposta nella chiesa settecentesca e, seguendo la sorte del crocifisso quattrocentesco, nel 1944 fu collocata nella cella sotto il grande campanile, il cui crollo ne fece scempio, lasciandoci solo questo frammento, anch'esso esposto (accanto ai resti del crocifisso) nella Sala degli Affreschi al Museo Diocesano, presso il palazzo Episcopale della Diocesi faentina.



   L'aspetto originale del manufatto ci viene documentato da questa unica fotografia, pubblicata da Antonio Corbara nel 1975; l'opera risultava interessata da numerosi strati di pittura sovrapposti nei secoli ma la cromia originale era riconducibile all'azzurro turchino stellato in oro per il mantello e al rosso per la veste della Vergine e del Bambino;
l'accentuata rigidità e fisicità prorompente di quest'opera riecheggiano più il romanico che la nuova sensibilità gotica, com'è logico attendersi considerando la sua datazione.
   Approfondiremo in seguito i dettagli della sua collocazione nella chiesa settecentesca, tuttavia nell'immagine d'epoca è visibile l'imponente campanile della chiesa settecentesca, il più alto della città, che nel 1944 fu fatto saltare quando la Madonna col Bambino erano nella cella visibile nel suo basamento.


MONUMENTO FUNEBRE DEL VESCOVO GIACOMO PASI

   Il monumento funebre del Vescovo Giacomo Pasi fu realizzato nel 1528 dal celebre scultore Pietro Barilotto e venne collocato all'interno della chiesa gotica dei Servi nella prima cappella a destra dopo l'entrata, denominata cappella di S. Leonardo, della quale i membri della famiglia Pasi erano appunto i giuspatrioti; quando la chiesa gotica fu sostituita da quella attuale, nel 1724, il monumento rimase per brevissimo tempo all'interno della nuova struttura e poi, nel 1726, fu collocato all'esterno, nell'area cimiteriale e a ridosso della parete della chiesa, dove rimase esposto alle intemperie anche dopo l'editto napoleonico che obbligata a trasferire le sepolture fuori città; deteriorato dalle intemperie, venne poi restaurato e solamente nel 1878 il monumento fu trasferito nella omonima cappella del locale cimitero dell'Osservanza, dov'è visibile tuttora.

L'attuale collocazione del monumento funebre, ancora impressionante nel suo splendore.

AFFRESCO DEL BEATO ENEA UTILI
AFFRESCO DEL BEATO GIACOMO FILIPPO BERTONI

   Enea Utili e Giacomo Filippo Bertoni furono due frati serviti del locale convento i quali, con una vita ascetica e di totale dedizione, si meritarono la beatificazione e l'onore degli altari; per ricordare alle nuove generazioni questi mirabili confratelli, vennero commissionati al pittore fiorentino Biagio d'Antonio Tucci (1446 - 1516) due affreschi con la loro immagine che furono realizzati intorno al 1483 in due nicchie della sacrestia trecentesca (poi nota in seguito come sacrestia vecchia), ai lati del relativo altare; dopo le vicende belliche la parete originale che conservava gli antichi affreschi venne demolita, creando un muro di tamponamento più arretrato, quindi i due affreschi furono strappati, restaurati ed ora sono in esposizione permanente nella Sala degli Affreschi al Museo Diocesano, presso il palazzo Episcopale della Diocesi faentina; le due opere misurano attualmente 154,7 x 67,4cm e 154,7 x 68cm.

   Biagio d'Antonio Tucci fu un pittore di buon livello e molto attivo in chiese, pievi e conventi ti tutta la val Lamone (è peraltro famoso il suo notevole Christus patiens esposto nella basilica Cattedrale); in questo dettaglio ravvicinato possiamo addirittura intuire la sfumatura caratteriale di Giacomo Filippo Bertoni, dedito alla vita monastica di pura preghiera, penitenza ed ascetismo, quasi spaventoso nel suo pallore emaciato e nella sua magrezza frutto di continui digiuni, una mortificazione della carne che lo porterà alla morte ad appena 29 anni.
Questi affreschi furono realizzati nel 1483, anno della morte del Beato Giacomo Filippo Bertoni, quindi è plausibile che Biagio d'Antonio Tucci, molto attivo in zona in quel periodo, abbia conosciuto in beato in vita o abbia visionato le sue spoglie, fornendo quindi una riproduzione realistica e conforme alle descrizioni dell'epoca, mentre il Beato Enea Utili era trapassato nel 1437, ben 46 anni prima, quindi ovviamente il pittore non restituisce un ritratto verosimile ma una figura idealizzata ispirata allo stile del Ghirlandaio.
   Giacomo Filippo Bertoni venne tumulato nella cappella Manfredi, assegnata ai membri della locale Signoria e dedicata a S. Giovanni Evangelista, una collocazione di grande rilievo che testimonia la fama raggiunta in vita dall'ascetico frate, accresciuta anche da una pletora di asseriti miracoli avvenuti in città subito dopo la sua morte che portarono ad una rapidissima beatificazione, in pratica per acclamazione; un accenno anche a S. Giovanni Evangelista, all'epoca molto venerato (non per nulla la cappella personale dei signori Manfredi era dedicata a lui): infatti anche la chiesa gotica costruita nella prima metà del '200 che sorgeva al posto dell'attuale chiesa di S. Agostino, in corso Matteotti, era dedicata a questo Evangelista.

ARCO GOTICO ALL'INGRESSO DEL CAPITOLO

   Si tratta dell'elemento n° 7 sulla pianta generale riportata in precedenza; osservandola si nota che, nella struttura originale trecentesca, dal piano superiore del chiostro era presente un accesso ad una stanza con altare (denominata "B") e questo vano, nell'economia del convento, era il "Capitolo", cioè la stanza dove l'Abate radunava i confratelli per leggere pagine della Regola; questo arco gotico costituiva proprio l'accesso alla sala del Capitolo dal chiostro superiore; dopo la guerra tale stanza non esisteva più e le sue pareti interne, prospettanti sul chiostro, erano diventate in realtà esterne, quindi l'arco - ormai aperto sul vuoto - venne tamponato e addirittura fu creato un muro divisorio fra due nuove stanze che lasciava una parte dell'arco in un vano e il resto in un altro... smontando la porta e con l'ausilio di un supergrandangolare decentrabile, decentrato in diagonale, sono riuscito per la prima volta a fotografare l'arco trecentesco nella sua interezza.

   Un dettaglio dell'arco mostra le sue decorazioni; in particolare, il cosiddetto "Sole delle Alpi" (oggi utilizzato come simbolo da una nota fazione politica) è una iconografia di origine celtica prima e longobarda poi; infatti nella nostra zona, a quell'epoca, c'era una consistente presenza di famiglie di origine longobarda, che tramandavano la relativa cultura; ad esempio, la chiesa di S. Agostino in corso Matteotti fu costruita nel '700 sulla pianta di una chiesa gotica che risaliva alla prima metà del '200 e che era denominata chiesa di S. Giovanni Evangelista in Sclavio, con riferimento alla famiglia Sclavi, giuspatrioti della chiesa, che era appunto di origine longobarda (e infatti, negli unici lacerti rimasti della chiesa originale, i simboli del "Sole delle Alpi" sono parimenti presenti).

LACERTI DI MURATURA E COTTO SUL FIANCO DELLA CHIESA

   Accedendo al livello superiore del chiostro, oggi abbastanza fatiscente e pericolante, si può notare che sul fianco della chiesa, nel punto indicato col numero 8 nella pianta generale, emergono come fossili viventi dalla disordinata muratura moderna alcuni elementi originali, come file di mattoni guarniti con finiture e sopraccigliature in cotto di foggia inequivocabilmente gotica; si tratta di elementi originali della chiesa gotica trecentesca che si sono salvati dalla distruzione in quanto prospettavano direttamente sul chiostro, che nel '700, venne mantenuto, e ci consentono di intuire vagamente come potesse essere la finitura esterna della chiesa precedente.

La grafica indica la posizione, nel muro in comune fra la chiesa e l'ordine superiore del chiostro, dove sono visibili i lacerti murari della chiesa trecentesca appena descritti.

ACQUASANTIERA
Voglio anticipare che questa acquasantiera e la relativa presenza in entrambe le chiese dei Servi, quella gotica e quella settecentesca, costituiscono una informazione veramente inedita e una primizia assoluta.


Si tratta di una acquasantiera in pietra scolpita da un lapicida locale intorno al 1480 ed ornata con un'alzata in marmo brecciato ed uno zoccolo a foglioni.

La datazione del manufatto è resa possibile dall'anno di fabbricazione scolpito nel basamento ed ora, nel sito attuale,  parzialmente cementato; si legge comunque abbastanza chiaramente 1480.

   Questa acquasantiera/fonte battesimale fu collocata nel 1480 nella chiesa gotica dei Servi e nel 1724 fu parimenti trasferita nell'edificio attuale; finora inedita è invece la sua sorte dagli anni di guerra ad oggi: al tempo di guerra, con susseguirsi dei bombardamenti in prossimità del ponte sul fiume Lamone a breve distanza dalla chiesa, i timori per un colasso strutturale dell'edificio erano diffusi e il parroco della chiesa di S. Biagio, una defilata frazione del forese, prese una insolita iniziativa, recandosi nella chiesa e prelevando l'antica acquasantiera che venne poi collocata nella sua chiesa, nelle prime campagne e meno esposta al rischio bellico, dove tuttora è murata nella prima cappella a sinistra. Un dettaglio personale: per ragioni roccambolesche che è meglio tralasciare, dovetti battezzare mio figlio Michelangelo in questa chiesa, quindi sfruttando proprio questa antica e storica acquasantiera.

   E' molto interessante confrontare la fonte battesimale a sinistra (realizzata da un lapicida locale nel 1476 per la chiesa di S. Giorgio in Ceparano) e l'acquasantiera a destra (realizzata nel 1480 per la chiesa dei Servi): la coincidenza cronologica e stilistica lasciano supporre che entrambi i manufatti siano usciti dalla stessa bottega.

MAESTRO DELLA PALA BERTONI, MADONNA COL BAMBINO, S. GIOVANNI EVANGELISTA,
IL BEATO GIACOMO FILIPPO BERTONI E QUATTRO ANGELI MUSICANTI

   Questa pala di grandi dimensioni fu realizzata da un maestro non meglio identificato nel 1484, anno successivo alla morte di Giacomo Filippo Bertoni, ed evoca la sua beatificazione; i frati Serviti avevano predisposto nella chiesa gotica una cappella specificamente dedicata e nota come cappella del Beato Giacomo Filippo Bertoni, sul cui altare questa opera collocata. Attualmente la pala Bertoni è esposta nella Pinacoteca Comunale di Faenza.
   Giacolo Filippo Bertoni morì il 15 Maggio 1483 e le cronache del convento riportano che il primo Giugno, 15 giorni dopo, il famoso pittore faentino Leonardo di Zanino Scaletti, venne retribuito economicamente "per la dipintura del Beato Jacomo Philipo, cioè quella che è sopra all'altare"; è quindi possibile che l'autore di questa pala sia proprio Leonardo Scaletti.

BARTOLOMEO CODA IL GIOVANE, MADONNA COL BAMBINO IN TRONO E SANTI

   Questa grande pala d'altare, realizzata intorno al 1550 - 1560 dal pittore riminese Bartolomeo Coda il Giovane (1512-1565), misura 230 x 172cm ed è molto importante perchè - dalla sua realizzazione e per circa 150 anni - fu la pala esposta nel presbiterio della chiesa gotica, dietro l'altare maggiore;  attualmente è conservata presso il Museo Diocesano, nel palazzo Episcopale della Diocesi faentina, nella sala del Trono, e collocata  in posizione giustamente rilevante, sopra il trono stesso.
 

GIOVAN BATTISTA BERTUCCI IL GIOVANE, MADONNA COL BAMBINO E SANTI


   Questa grande tela, con una complessa struttura compositiva e anche la presenza dei committenti (uno dei quali già defunto ed inserito con l'escàmotage del teschio in mano), fu realizzata da Giovan Battista Bertucci in Giovane nel 1594; rappresenta la Beata Vergine incoronata dagli angeli, col Bambino e i Santi; la destinazione originale alla chiesa gotica dei Servi è sottolineata anche dalla presenza del Beato Giacomo Filippo Bertoni, frate servita del convento faentino, riconoscibile per il suo caratteristico pallore emaciato;
venne infatti collocata nell'ultima cappella sulla destra, in prossimità dell'altare maggiore, denominata cappella della Beata Vergine Incoronata spettante alla Confraternita.

Dettaglio ingrandito con il Beato Giacomo Filippo Bertoni in una iconografia ormai
 classica che si rifaceva sicuramente all'affresco di Biagio d'Antonio Tucci
realizzato circa 110 anni prima, compresa la nimbatura in oro.

Un delizioso dettaglio; proprio questo suo indulgere futilmente "nel vero" in opere
 di questa natura gli procurò notevoli grattacapi e conseguenze.

CARLO CIGNANI, S. FILIPPO BENIZZI CONTEMPLA IL CROCIFISSO


   La chiesa gotica dei Servi era intitolata anche ai SS. Filippo e Giacomo (lo stesso Beato Bertoni era stato battezzato come Andrea, e assunse il nome di Filippo Giacomo quando aderì alla confraternita, ad appena 9 anni di età), e venne predisposta una cappella dedicata a S. Filippo, esattamente l'ultima a sinistra, di fronte a quella della Beata Vergine Incoronata; nel 1680 il pittore Carlo Cignani (1628-1719) realizzò questo olio su tela che raffigura S. Filippo Benizzi che adora il Crocifisso, opera che venne quindi collocata nella citata cappella di S. Filippo, esattamente di fronte alla grande opera di Giovan Battista Bertucci il Giovane che abbiamo discusso prima e che era già in situ da 86 anni. Un'opera simile come spirito e composizione, la Guarigione miracolosa di S. Pellegrino Leziosi ad opera di Ercole Graziani il Giovane, fu parimenti esposta presso la chiesa dei Servi ma, essendo un dipinto completato nel 1739, si tratta dell'edificio attuale e non di quello gotico! Quest'ultima opera completa il mio inventario di ciò che è rimasto di tangibile, ai giorni nostri, dell'originale chiesa gotica; vorrei tuttavia completare la storia della statua lignea della Madonna col Bambino (Madonna della Salute), dal momento che si tratta forse dell'elemento più rilevante, che ha attraversato i secoli ed è l'unico ad essere stato presente ed esposto in tutte e tre le chiese sorte in quel sito: romanica, gotica ed attuale.

   Nella chiesa settecentesca,  fino all'immediato anteguerra, la statua lignea della Madonna della Salute trovava posto in una nicchia sopra un altare, nascosto dietro il tamponamento fra due pilastri portanti, sul fianco destro della chiesa, proprio dietro al pergamo ligneo, collocata a ridosso della facciata interna del tamponamento; nel 1944, dopo i bombardamenti che avevano interessato l'attiguo ponte sul fiume, si preferì trasferire il prezioso manufatto nella cella sotto il massiccio campanile, ipotizzando che la sua poderosa struttura fosse più resistente. Ironia della sorte, senza questo eccesso di zelo la statua sarebbe rimasta al suo posto e quindi sarebbe sopravvissuta fino a noi!

   Questa inedita immagine ipergrandangolare evidenzia il passaggio dietro i pilastri e il punto in cui, sulla facciata interna del muro, si trova l'altare e la nicchia in cui la statua lignea di fine '200 trovava posto; purtroppo la foto sottolinea anche l'inaccettabile stato di fatiscenza dell'edificio, in cui si indugia letteralmente a proprio rischio e pericolo.


   Questa sorta di proiezione ipergrandangolare mostra la nicchia sopra l'altare, con un fotomontaggio della statua in scala corretta partendo dalla foto di Corbara, e le decorazioni della volta sopra la testa e ai lati; purtroppo la sensazione di fluttuare nel relitto del Titanic mutuata dalle condizioni del sito è poco gradevole. Notate che la nicchia era provvista di un'anta di chiusura in ferro (probabilmente con un vetro protettivo oggi scomparso) che reca a sbalzo la scritta B.V. della SALUTE, confermando che questa era proprio la sua collocazione.

   Ecco come appariva agli occhi dei fedeli, nella chiesa settecentesca quando era ancora consacrata e frequentata, prima della guerra, la statua della Madonna della Salute; l'accesso dietro ai pilastri è consentito da due aperture abbastanza anguste e, in assenza di illuminazione artificiale, ci si trova quasi al buio.

   Questa foto aerea del tempo di guerra mostra l'area degli attuali corso Saffi, ponte sul Lamone e borgo d'Urbecco dopo un bombardamento; in realtà a creare il collasso del campanile era stata una mina piazzata da soldati tedeschi e la caduta della colossale struttura aveva trascinato con se anche l'abside, lasciando la chiesa con una spettrale apertura grande quanto l'abside stesso. I resti della statua lignea oggi conservati furono recuperati proprio fra le macerie del campanile crollato.
Ironia della sorte, possiamo vedere i campi devastati da crateri di bombe e gran parte degli edifici di piazza Lanzoni a ridosso del fiume e dell'ultimo tratto di corso Saffi abbattuti dalle bombe, tuttavia il ponte sul fiume, vero obiettivo dei raid, è regolarmente in piedi: tanto disastro e scempio (anche d'arte, come la casa Anconetano e la relativa cappella affrescata dal pittore barocco bolognese Carlo Maria Bigari, rasi al suolo) per nulla! Spero che questo affresco sulla chiesa gotica dei Servi, l'importante luogo di culto faentino esistito dal 1300 al 1720, incontri l'interesse dei lettori, trattandosi di informazioni spesso inedite e comunque mai raccolte in un compendium univoco; è un importante capitolo della storia faentina che rischiava di scivolare nell'oblio, una sciagurata prospettiva che spero, nel mio piccolo, di avere almeno parzialmente allontanato.
(Marco Cavina)

   Vorrei dedicare questa ricerca alla mia vecchia insegnante di storia dell'arte del Ginnasio, la  Professoressa Beatrice Simboli Montuschi (molto famosa nell'ambiente anche per le sue colte recensioni); "Bice" era anche una valida fotografa con la quale ebbi il privilegio, da ragazzo, di confrontarmi sul campo anche in questo settore; a lei, purtroppo scomparsa da tempo, va la nostra gratitudine perchè ci ha inculcato un profondo amore per la storia dell'arte, sebbene a quei tempi non lo sapessimo ancora!

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