L'ANTICA CHIESA GOTICA DEI SERVI DI FAENZA
DI MARCO CAVINA
A Faenza (Ravenna), nell'attuale intersezione fra corso Saffi e via
Manfredi, si erge l'imponente volume della chiesa dei Servi di Maria o
dei SS. Filippo e Giacomo, oggi in stato di fatiscenza e non più
consacrata al culto da svariati decenni dopo gli importanti danni
bellici, affiancata da un'ampia e articolata struttura che per secoli è
stata un'area conventuale molto ben organizzata e indipendente.
In realtà, sulla stessa pianta e con le stesse importanti dimensioni,
dal 1300 circa fino all'inizio del '700 si ergeva una preesistente
chiesa gotica, abbattuta per far posto alla chiesa che tutti
conosciamo; quel sito, lungo la via che collega la piazza centrale al
ponte sul fiume, storicamente è sempre stato caratterizzato da una
chiesa; infatti, a breve distanza dalla chiesa dei servi, probabilmente
fin dal X Sec., esisteva un secondo luogo di culto, una chiesa nota
come Santa Maria in Curte (in Corte) o Santa Maria della Cappellina,
situata più vicino al ponte sul fiume; quindi praticamente da un
millennio in questo luogo è presente un edificio adibito al culto
cristiano. La chiesa gotica, di notevoli proporzioni per l'epoca, venne edificata
all'inizio del '300; il vescovo Ugolino depose simbolicamente la prima
pietra della fabbrica il 14 Agosto 1313, vigilia dell'Assunta, e i
lavori (sostenuti dalle offerte della popolazione e dai munifici
emolumenti del locale signore Francesco Manfredi) si protrassero fino
al 1343 e la chiesa venne poi donata ai Servi di Maria che si erano
insediati in città dalla vicina toscana nel 1313, lo stesso anno
dell'avvio dei lavori; in precedenza, lo stesso vescovo Ugolino, nel
1318, aveva affidato alle cure pastorali della confraternita la citata
chiesa di S. Maria della Cappellina; nei pressi dei sito principale che
caratterizzò il convento servita faentino, all'epoca era presente anche
una seconda, piccola parrocchia, dedicati ai SS. Filippo e Giacomo, che
finì accorpata alla nuova chiesa dei servi; il nuovo e imponente
edificio gotico venne quindi intitolato ai due medesimi Santi Apostoli,
divenendo chiesa dei Servi di Maria o dei SS. Filippo e Giacomo. La
grande chiesa gotica dei Servi costruita a partire dal 1313 fa
parte di un grandioso piano di rivalutazione avviato dai signori
Manfredi che avevano appena acquisito il controllo sulla città,
implementato quasi in contemporanea (1330 circa) dalla ristrutturazione
dell'antico ponte romano sul fiume, lungo la stessa via, applicando due
scenografiche torri merlate alte circa 24 metri (una della quali
direttamente sul ponte) che lo resero famoso facendolo assurgere per
secoli a simbolo stesso di Faenza. La grande chiesa gotica dei Servi, in posizione centrale, rivaleggiava
in importanza col la stessa basilica Cattedrale (distante poche
centinaia di metri ed edificata quasi 200 anni dopo) e nel corso dei 4
secoli in cui restò in piedi e consacrata si arricchì di importanti
arredi ed opere d'arte, mentre l'attiguo convento vide alcuni
confratelli beatificati alla gloria degli altari. A inizio '700 la chiesa gotica risultava in cattive condizioni e,
seguendo la moda settecentesca di abbattere le chiese più vetuste e
malconce sostituendole con edifici uniformati al modello tridentino
stemperato nella lezione barocca, anche la ormai storica chiesa gotica
dei Servi seguì lo stesso fato; peraltro la scelta non fu nemmeno così
avventata perchè le cronache narrano che, quando si iniziò ad abbattere
la struttura partendo dalla facciata anteriore, si innescò ben presto
un improvviso collasso sequenziale, una sorta di effetto domino, che
atterrò gran parte dell'edificio, segno evidente di precarietà
strutturale. La nuova chiesa fu consacrata nel 1724, sebbene la
sostituzione della vecchia torre campanaria con la nuova di imponenti
proporzioni abbia avuto un uno certo strascico temporale, e in
questo fervore di rinnovamento che stampava chiese come timbri,
sull'onda lunga di una Controriforma che rivendicava la centralità
della Chiesa anche attraverso l'imposizione di un modello uniforme nei
luoghi di culto, nessuno si prese la briga di documentare le fattezze
del vecchio e venerabile edificio, nemmeno un frettoloso schizzo a
carboncino: semplicemente cancellato dalla memoria! Oggi lo stesso ricordo che, prima dell'edificio attuale, per 4 secoli
sia esistita una chiesa di fattezze gotiche che ne replicava la pianta
tende a dissolversi, una eventualità catastrofica che occorre
assolutamente scongiurare; quello che segue è il mio personale e
modesto contributo.
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Per nostra immensa fortuna, nel 1698, poco prima che la ormai vetusta
chiesa gotica fosse abbattuta, venne realizzata un accurato disegno
completo di didascalie che descrive in dettaglio la pianta dell'intera
area conventuale dei Servi; purtroppo non c'è alcun riferimento alle
alzate, quindi non abbiamo idea di quale fosse l'aspetto della chiesa
trecentesca, però la pianta accurata e le minuziose didascalie ci fanno
capire com'era organizzata e possiamo anche valutare quali vani e
strutture dell'annesso convento siano stati modificati o eliminati nel
corso dei secoli, arrivando alla configurazione attuale. (Per questo documento devo ringraziare sentitamente l'amico Arch.
Michele Meinardi il quale, durante la fase finale dei suoi studi
universitari, ha realizzato una corposa ricerca sull'area conventuale
dei Servi di Faenza e, nel corso di lunghe ricerche di archivio, ha
individuato questa preziosa e allora inedita mappa che ha poi
gentilmente condiviso con me).
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Le parti grafiche della stessa pianta sovrapposte in scala ad una foto
satellitare (ho realizzato questa immagine vari anni fa, quando la
qualità delle immagini satellitari disponibili non era quella attuale);
come si nota da alcuni dettagli (come in grande orto posteriore che ora
è un giardino privato), i profili del rilievo seicentesco non
raggiungono la perfezione geometrica, cosa giustificabile considerando
i mezzi di allora, tuttavia questo disegno rimane comunque un documento
molto prezioso; gran parte dei vani del convento solo attualmente
occupati dalla Biblioteca Comunale di Faenza. |
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Questa immagine mostra la pianta della chiesa attuale, realizzata con
rilievi effettuati alcuni anni fa, sovrapposta in esatta scala a quella
della chiesa gotica del 1300; appare subito evidente come le dimensioni
in pianta siano praticamente identiche, anche perchè il nuovo edificio
doveva innestarsi nel chiostro e in altre strutture preesistenti del
convento; inizialmente fu mantenuto il campanile originale (indicato da
"E" nella pianta del 1698), poi venne sostituito dal colossale
manufatto che compare in alto a sinistra (l'abside del rilievo moderno
si compenetra in pianta col campanile gotico ma occorre considerare che
l'abside attuale è stato ricostruito nel dopoguerra dopo il crollo di
quello originale, probabilmente sfruttando quote differenti, oppure è
possibile una imprecisione di misurazione nella pianta del 1698);
occorre notare che la chiesa gotica prevedeva un portico anteriore
("H"), omesso nella chiesa del 1724 e inoltre, a sinistra, lungo la
"via publica" che oggi è corso Saffi, era presente un'area cimiteriale
di ragguardevoli proporzioni che, in due settori divisi da un muro
("G"), affiancava la chiesa per tutta la sua lunghezza, portico
anteriore compreso, un'area attivamente utilizzata fino all'editto
napoleonico "Extra moenia" che obbligata a trasferire fuori dalle mura
cittadine i siti di sepoltura; attualmente tali aree cimiteriali
corrispondono agli stalli per il parcheggio e al marciapiedi pedonale
sul fianco settentrionale della chiesa. E' anche interessante notare
che la chiesa gotica prevedeva un organo posto sopra la cappella della
Concezione (a sinistra dell'altare maggiore, indicata con "L"; sul
retro si notano le scale per accedere allo strumento) mentre il coro si
posizionava nell'abside dietro all'altare stesso ("D"). |
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Un dettaglio della pianta del 1698 con i particolari della chiesa
gotica; non abbiamo alcuna informazione sulla struttura e sulle
dimensioni della prima chiesa romanica, a sua volta abbattuta per fare
posto a questo edificio.
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Questo dettaglio è ricavato da una vista d'insieme di Faenza realizzata
nella seconda metà del '700 ed attribuita a Giuseppe Pistocchi, celebre
architetto faentino, che è ora esposta nelle stanze dell'appartamento
Durazzo, nel palazzo Eposcopale sede della Diocesi faentina; la grafica
evidenzia la chiesa dei servi già in configurazione moderna, tuttavia
il campanile, chiaramente sproporzionato nella scala, presenta una
foggia che non corrisponde a quella della torre storicamente conosciuta
e abbattuta dagli eventi bellici: forse l'autore ammirava ancora il
vecchio campanile, residuo vestigiale della chiesa gotica, in procinto
di essere a suo volta abbattuto e sostituito? Peraltro le cronache del
tempo tramandano che, durante il suo abbattimento, la sfera che lo
sormontava cadde al suolo inopinatamente, uccidendo un innocente
cittadino che stava passeggiando in strada. Per un lungo periodo ho indagato cosa fosse concretamente rimasto della
chiesa gotica trecentesca a noi posteri, considerando parti in
muratura, arredi, suppellettili ed opere d'arte, ed ho stilato un
elenco di 13 elementi che sono riassunti e descritti nell'immagine
seguente, nella quale ho anche indicato la posizione originale, in
certi casi individuata con qualche difficoltà perchè, ovviamente, non
esiste un inventario delle opere d'arte e la relativa collocazione
nell'edificio antecedente all'attuale... |
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Fra gli elementi originali della chiesa gotica o comunque ad essa
riconducibili perchè utilizzati ed esposti al suo interno, troviamo
quanto segue:
MURATURA:
- resti con decori nel muro divisorio fra la chiesa e il chiostro del
convento, con strutture risalenti alla chiesa gotica originale
- un arco gotico tamponato (n° 7)
ARREDI:
- acquasantiera lapidea scolpita (9)
- tabernacolo eucaristico (n° 1)
- frammento di crocifisso ligneo (n° 2)
- frammento di statua della Madonna con Bambino detta Madonna della Salute (n° 3)
- monumento funebre del Vescovo Pasi (n° 4)
OPERE D'ARTE:
- affresco con Beato Enea Utili nella sacrestia vecchia (n° 5)
- affresco col Beato Giacomo Filippo Bertoni nella sacrestia vecchia (n° 6)
- Maestro della Pala Bertoni, Madonna col Bambino, S. Giovanni
Evangelista, il Beato Giacomo Filippo Bertoni e quattro angeli
musicanti (n° 10)
- Bartolomeo Coda il Giovane, Madonna col Bambino in trono e Santi (n° 11)
- Giovan Battista Bertucci il Giovane, Madonna col Bambino e Santi (n° 12)
- Carlo Cignani, S. Filippo Benizzi contempla il Crocifisso (n° 13)
Passiamo quindi ad analizzare singolarmente questi elementi,
osservandoli nel dettaglio in fotografie che ho realizzato
personalmente, ad eccezione della pala n° 10. |
TABERNACOLO EUCARISTICO
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Tabernacolo eucaristico pre-Tridentino in pietra serena e finiture in
oro; venne realizzato nel 1480 ed è attribuito allo scultore Drudo
Barilotto, padre del celebre Pietro, anch'egli eccellente scultore; il
tabernacolo misura 122cm x 59,5cm e, come di consueto in epoca
antecedente al Concilio di Trento, non era collocato sulla mensa
dell'altare maggiore bensì in una posizione più defilata, in questo
caso e con grande probabilità murato nel pilastro che divideva la
chiesa dalla sacrestia, viste anche le grandi dimensioni del manufatto
stesso (oltre 1,2 metri); il tabernacolo è ora esposto nella Sala degli
Affreschi al Museo Diocesano, presso il palazzo Episcopale della
Diocesi faentina. |
CROCIFISSO LIGNEO
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Frammento di grande crocifisso ligneo in legno di pioppo realizzato nel
1446 (?) dalla bottega o su influenza dello stile di Giovanni
Teutonico; il frammento attuale misura 33 x 21 x 22cm e in origine il
crocifisso era collocato nella chiesa gotica nella cappella a destra
dell'altare maggiore, denominata cappella del Crocifisso e di S. Anna.
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L'attribuzione diretta a Giovanni Teutonico non può essere confermata
tuttavia questo crocifisso presenta evidenti analogie con quello
conservato nella basilica Cattedrale e realizzato nel 1476 proprio da
questo artista; il crocifisso, dopo 270 anni di permanenza nella chiesa
gotica dei Servi, fu trasferito anche nella nuova struttura del 1724;
durante il Secondo Conflitto, temendo per i bombardamenti e per
eventuali collassi della chiesa, il crocifisso quattrocentesco fu
trasferito nella cella sotto il massiccio campanile, una scelta
infelice perchè la torre campanaria venne poi minata e fatta saltare
nel 1944 e la sua immensa mole collassò sul crocifisso distruggendolo;
con notevole sensibilità l'Arch. Giorgio Gualdrini, sotto la cui
supervisione è stato concretizzato il Museo Diocesano dove i resti del
crocifisso sono ora esposti, notava come - in quel volto martoriato e
col naso mozzato - ai segni della passione si sommassero e
stemperassero anche quelli prodotti dagli orrori della guerra. |
MADONNA COL BAMBINO |
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Una sorte analoga sortì anche questo frammento di 50 x18 x 18cm,
l'unico rimasto di un'opera lignea di ignoto scultore
emiliano-romagnolo che venne realizzata intorno al 1280 - 1290 e che
raffigurava una Madonna col Bambino alta in origine circa 130 cm e
comunemente nota come Madonna della Salute; questo lacerto martoriato è
di grandissimo interesse storico perchè è il più antico arredo rimasto
fra quelli che sono stati esposti nella chiesa gotica dei Servi e anzi,
è documentato come fosse già presente addirittura nell'originale chiesa
romanica di S. Maria in Curte (in Corte) o S. Maria della Cappellina,
edificata nello stesso luogo ancor prima della chiesa gotica, un
edificio con un antequem sicuro al 1159 (citazione esplicita in
documenti dell'epoca) e nella quale la Madonna col Bambino fu esposta
negli ultimi anni prima che la struttura romanica fosse sostituita da
quella gotica, a inizio '300.
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Nella chiesa gotica la statua lignea era collocata nella cappella con
altare a fianco dell'altare maggiore, denominata cappella della
Concezione; anche in questo caso questa statua, già da tempo venerata
come Madonna della Salute, fu trasferita ed esposta nella chiesa
settecentesca e, seguendo la sorte del crocifisso quattrocentesco, nel
1944 fu collocata nella cella sotto il grande campanile, il cui crollo
ne fece scempio, lasciandoci solo questo frammento, anch'esso esposto
(accanto ai resti del crocifisso) nella Sala degli Affreschi al Museo
Diocesano, presso il palazzo Episcopale della Diocesi faentina.
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L'aspetto originale del manufatto ci viene documentato da questa unica
fotografia, pubblicata da Antonio Corbara nel 1975; l'opera risultava
interessata da numerosi strati di pittura sovrapposti nei secoli ma la
cromia originale era riconducibile all'azzurro turchino stellato in oro
per il mantello e al rosso per la veste della Vergine e del Bambino;
l'accentuata rigidità e fisicità prorompente di quest'opera
riecheggiano più il romanico che la nuova sensibilità gotica, com'è
logico attendersi considerando la sua datazione.
Approfondiremo in seguito i dettagli della sua collocazione nella
chiesa settecentesca, tuttavia nell'immagine d'epoca è visibile
l'imponente campanile della chiesa settecentesca, il più alto della
città, che nel 1944 fu fatto saltare quando la Madonna col Bambino
erano nella cella visibile nel suo basamento.
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MONUMENTO FUNEBRE DEL VESCOVO GIACOMO PASI
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Il monumento funebre del Vescovo Giacomo Pasi fu realizzato nel 1528
dal celebre scultore Pietro Barilotto e venne collocato all'interno
della chiesa gotica dei Servi nella prima cappella a destra dopo
l'entrata, denominata cappella di S. Leonardo, della quale i membri
della famiglia Pasi erano appunto i giuspatrioti; quando la chiesa
gotica fu sostituita da quella attuale, nel 1724, il monumento rimase
per brevissimo tempo all'interno della nuova struttura e poi, nel 1726,
fu collocato all'esterno, nell'area cimiteriale e a ridosso della
parete della chiesa, dove rimase esposto alle intemperie anche dopo
l'editto napoleonico che obbligata a trasferire le sepolture fuori
città; deteriorato dalle intemperie, venne poi restaurato e solamente
nel 1878 il monumento fu trasferito nella omonima cappella del locale
cimitero dell'Osservanza, dov'è visibile tuttora. |
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L'attuale collocazione del monumento funebre, ancora impressionante nel suo splendore. |
AFFRESCO DEL BEATO ENEA UTILI
AFFRESCO DEL BEATO GIACOMO FILIPPO BERTONI |
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Enea Utili e Giacomo Filippo Bertoni furono due frati serviti del
locale convento i quali, con una vita ascetica e di totale dedizione,
si meritarono la beatificazione e l'onore degli altari; per ricordare
alle nuove generazioni questi mirabili confratelli, vennero
commissionati al pittore fiorentino Biagio d'Antonio Tucci (1446 -
1516) due affreschi con la loro immagine che furono realizzati intorno
al 1483 in due nicchie della sacrestia trecentesca (poi nota in seguito
come sacrestia vecchia), ai lati del relativo altare; dopo le vicende
belliche la parete originale che conservava gli antichi affreschi venne
demolita, creando un muro di tamponamento più arretrato, quindi i due
affreschi furono strappati, restaurati ed ora sono in esposizione
permanente nella Sala degli Affreschi al Museo Diocesano, presso il
palazzo Episcopale della Diocesi faentina; le due opere misurano
attualmente 154,7 x 67,4cm e 154,7 x 68cm. |
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Biagio d'Antonio Tucci fu un pittore di buon livello e molto attivo in
chiese, pievi e conventi ti tutta la val Lamone (è peraltro famoso il
suo notevole Christus patiens esposto nella basilica Cattedrale); in
questo dettaglio ravvicinato possiamo addirittura intuire la sfumatura
caratteriale di Giacomo Filippo Bertoni, dedito alla vita monastica di
pura preghiera, penitenza ed ascetismo, quasi spaventoso nel suo
pallore emaciato e nella sua magrezza frutto di continui digiuni, una
mortificazione della carne che lo porterà alla morte ad appena 29 anni.
Questi affreschi furono realizzati nel 1483, anno della morte del Beato
Giacomo Filippo Bertoni, quindi è plausibile che Biagio d'Antonio
Tucci, molto attivo in zona in quel periodo, abbia conosciuto in beato
in vita o abbia visionato le sue spoglie, fornendo quindi una
riproduzione realistica e conforme alle descrizioni dell'epoca, mentre
il Beato Enea Utili era trapassato nel 1437, ben 46 anni prima, quindi
ovviamente il pittore non restituisce un ritratto verosimile ma una
figura idealizzata ispirata allo stile del Ghirlandaio. Giacomo Filippo Bertoni venne tumulato nella cappella Manfredi,
assegnata ai membri della locale Signoria e dedicata a S. Giovanni
Evangelista, una collocazione di grande rilievo che testimonia la fama
raggiunta in vita dall'ascetico frate, accresciuta anche da una pletora
di asseriti miracoli avvenuti in città subito dopo la sua morte che
portarono ad una rapidissima beatificazione, in pratica per
acclamazione; un accenno anche a S. Giovanni Evangelista, all'epoca
molto venerato (non per nulla la cappella personale dei signori
Manfredi era dedicata a lui): infatti anche la chiesa gotica costruita
nella prima metà del '200 che sorgeva al posto dell'attuale chiesa di
S. Agostino, in corso Matteotti, era dedicata a questo Evangelista. |
ARCO GOTICO ALL'INGRESSO DEL CAPITOLO |
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Si tratta dell'elemento n° 7 sulla pianta generale riportata in
precedenza; osservandola si nota che, nella struttura originale
trecentesca, dal piano superiore del chiostro era presente un accesso
ad una stanza con altare (denominata "B") e questo vano, nell'economia
del convento, era il "Capitolo", cioè la stanza dove l'Abate radunava i
confratelli per leggere pagine della Regola; questo arco gotico
costituiva proprio l'accesso alla sala del Capitolo dal chiostro
superiore; dopo la guerra tale stanza non esisteva più e le sue pareti
interne, prospettanti sul chiostro, erano diventate in realtà esterne,
quindi l'arco - ormai aperto sul vuoto - venne tamponato e addirittura
fu creato un muro divisorio fra due nuove stanze che lasciava una parte
dell'arco in un vano e il resto in un altro... smontando la porta e con
l'ausilio di un supergrandangolare decentrabile, decentrato in
diagonale, sono riuscito per la prima volta a fotografare l'arco
trecentesco nella sua interezza. |
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Un dettaglio dell'arco mostra le sue decorazioni; in particolare, il
cosiddetto "Sole delle Alpi" (oggi utilizzato come simbolo da una nota
fazione politica) è una iconografia di origine celtica prima e
longobarda poi; infatti nella nostra zona, a quell'epoca, c'era una
consistente presenza di famiglie di origine longobarda, che
tramandavano la relativa cultura; ad esempio, la chiesa di S. Agostino
in corso Matteotti fu costruita nel '700 sulla pianta di una chiesa
gotica che risaliva alla prima metà del '200 e che era denominata
chiesa di S. Giovanni Evangelista in Sclavio, con riferimento alla
famiglia Sclavi, giuspatrioti della chiesa, che era appunto di origine
longobarda (e infatti, negli unici lacerti rimasti della chiesa
originale, i simboli del "Sole delle Alpi" sono parimenti presenti). |
LACERTI DI MURATURA E COTTO SUL FIANCO DELLA CHIESA |
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Accedendo al livello superiore del chiostro, oggi abbastanza fatiscente
e pericolante, si può notare che sul fianco della chiesa, nel punto
indicato col numero 8 nella pianta generale, emergono come fossili
viventi dalla disordinata muratura moderna alcuni elementi originali,
come file di mattoni guarniti con finiture e sopraccigliature in cotto
di foggia inequivocabilmente gotica; si tratta di elementi originali
della chiesa gotica trecentesca che si sono salvati dalla distruzione
in quanto prospettavano direttamente sul chiostro, che nel '700, venne
mantenuto, e ci consentono di intuire vagamente come potesse essere la
finitura esterna della chiesa precedente. |
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La grafica indica la posizione, nel muro in comune fra la chiesa e
l'ordine superiore del chiostro, dove sono visibili i lacerti murari
della chiesa trecentesca appena descritti. |
ACQUASANTIERA |
Voglio anticipare che questa acquasantiera e la relativa presenza in
entrambe le chiese dei Servi, quella gotica e quella settecentesca,
costituiscono una informazione veramente inedita e una primizia
assoluta. |
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Si tratta di una acquasantiera in pietra scolpita da un lapicida locale
intorno al 1480 ed ornata con un'alzata in marmo brecciato ed uno
zoccolo a foglioni. |
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La datazione del manufatto è resa possibile dall'anno di fabbricazione
scolpito nel basamento ed ora, nel sito attuale, parzialmente
cementato; si legge comunque abbastanza chiaramente 1480. |
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Questa acquasantiera/fonte battesimale fu collocata nel 1480 nella
chiesa gotica dei Servi e nel 1724 fu parimenti trasferita
nell'edificio attuale; finora inedita è invece la sua sorte dagli anni
di guerra ad oggi: al tempo di guerra, con susseguirsi dei
bombardamenti in prossimità del ponte sul fiume Lamone a breve distanza
dalla chiesa, i timori per un colasso strutturale dell'edificio erano
diffusi e il parroco della chiesa di S. Biagio, una defilata frazione
del forese, prese una insolita iniziativa, recandosi nella chiesa e
prelevando l'antica acquasantiera che venne poi collocata nella sua
chiesa, nelle prime campagne e meno esposta al rischio bellico, dove
tuttora è murata nella prima cappella a sinistra. Un dettaglio
personale: per ragioni roccambolesche che è meglio tralasciare, dovetti
battezzare mio figlio Michelangelo in questa chiesa, quindi sfruttando
proprio questa antica e storica acquasantiera. |
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E' molto interessante confrontare la fonte battesimale a sinistra
(realizzata da un lapicida locale nel 1476 per la chiesa di S. Giorgio
in Ceparano) e l'acquasantiera a destra (realizzata nel 1480 per la
chiesa dei Servi): la coincidenza cronologica e stilistica lasciano
supporre che entrambi i manufatti siano usciti dalla stessa bottega. |
MAESTRO DELLA PALA BERTONI, MADONNA COL BAMBINO, S. GIOVANNI EVANGELISTA,
IL BEATO GIACOMO FILIPPO BERTONI E QUATTRO ANGELI MUSICANTI
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Questa pala di grandi dimensioni fu realizzata da un maestro non meglio
identificato nel 1484, anno successivo alla morte di Giacomo Filippo
Bertoni, ed evoca la sua beatificazione; i frati Serviti avevano
predisposto nella chiesa gotica una cappella specificamente dedicata e
nota come cappella del Beato Giacomo Filippo Bertoni, sul cui altare
questa opera collocata. Attualmente la pala Bertoni è esposta nella
Pinacoteca Comunale di Faenza. Giacolo Filippo Bertoni morì il 15 Maggio 1483 e le cronache del
convento riportano che il primo Giugno, 15 giorni dopo, il famoso
pittore faentino Leonardo di Zanino Scaletti, venne retribuito
economicamente "per la dipintura del Beato Jacomo Philipo, cioè quella
che è sopra all'altare"; è quindi possibile che l'autore di questa pala
sia proprio Leonardo Scaletti. |
BARTOLOMEO CODA IL GIOVANE, MADONNA COL BAMBINO IN TRONO E SANTI
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Questa grande pala d'altare, realizzata intorno al 1550 - 1560 dal
pittore riminese Bartolomeo Coda il Giovane (1512-1565), misura 230 x
172cm ed è molto importante perchè - dalla sua realizzazione e per
circa 150 anni - fu la pala esposta nel presbiterio della chiesa
gotica, dietro l'altare maggiore; attualmente è conservata presso il
Museo Diocesano, nel palazzo Episcopale della Diocesi faentina, nella
sala del Trono, e collocata in posizione giustamente rilevante, sopra
il trono stesso.
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GIOVAN BATTISTA BERTUCCI IL GIOVANE, MADONNA COL BAMBINO E SANTI
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Questa grande tela, con una complessa struttura compositiva e anche la
presenza dei committenti (uno dei quali già defunto ed inserito con
l'escàmotage del teschio in mano), fu realizzata da Giovan Battista
Bertucci in Giovane nel 1594; rappresenta la Beata Vergine incoronata
dagli angeli, col Bambino e i Santi; la destinazione originale alla
chiesa gotica dei Servi è sottolineata anche dalla presenza del Beato
Giacomo Filippo Bertoni, frate servita del convento faentino,
riconoscibile per il suo caratteristico pallore emaciato;
venne infatti collocata nell'ultima cappella sulla destra, in
prossimità dell'altare maggiore, denominata cappella della Beata
Vergine Incoronata spettante alla Confraternita. |
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Dettaglio ingrandito con il Beato Giacomo Filippo Bertoni in una
iconografia ormai
classica che si rifaceva sicuramente all'affresco di
Biagio d'Antonio Tucci
realizzato circa 110 anni prima, compresa la
nimbatura in oro. |
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Un delizioso dettaglio; proprio questo suo indulgere futilmente "nel
vero" in opere
di questa natura gli procurò notevoli grattacapi e
conseguenze. |
CARLO CIGNANI, S. FILIPPO BENIZZI CONTEMPLA IL CROCIFISSO
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La chiesa gotica dei Servi era intitolata anche ai SS. Filippo e
Giacomo (lo stesso Beato Bertoni era stato battezzato come Andrea, e
assunse il nome di Filippo Giacomo quando aderì alla confraternita, ad
appena 9 anni di età), e venne predisposta una cappella dedicata a S.
Filippo, esattamente l'ultima a sinistra, di fronte a quella della
Beata Vergine Incoronata; nel 1680 il pittore Carlo Cignani (1628-1719)
realizzò questo olio su tela che raffigura S. Filippo Benizzi che adora
il Crocifisso, opera che venne quindi collocata nella citata cappella
di S. Filippo, esattamente di fronte alla grande opera di Giovan
Battista Bertucci il Giovane che abbiamo discusso prima e che era già
in situ da 86 anni. Un'opera simile come spirito e composizione, la Guarigione miracolosa
di S. Pellegrino Leziosi ad opera di Ercole Graziani il Giovane, fu
parimenti esposta presso la chiesa dei Servi ma, essendo un dipinto
completato nel 1739, si tratta dell'edificio attuale e non di quello
gotico! Quest'ultima opera completa il mio inventario di ciò che è rimasto di
tangibile, ai giorni nostri, dell'originale chiesa gotica; vorrei
tuttavia completare la storia della statua lignea della Madonna col
Bambino (Madonna della Salute), dal momento che si tratta forse
dell'elemento più rilevante, che ha attraversato i secoli ed è l'unico
ad essere stato presente ed esposto in tutte e tre le chiese sorte in
quel sito: romanica, gotica ed attuale.
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Nella chiesa settecentesca, fino all'immediato anteguerra, la statua
lignea della Madonna della Salute trovava posto in una nicchia sopra un
altare, nascosto dietro il tamponamento fra due pilastri portanti, sul
fianco destro della chiesa, proprio dietro al pergamo ligneo, collocata
a ridosso della facciata interna del tamponamento; nel 1944, dopo i
bombardamenti che avevano interessato l'attiguo ponte sul fiume, si
preferì trasferire il prezioso manufatto nella cella sotto il massiccio
campanile, ipotizzando che la sua poderosa struttura fosse più
resistente. Ironia della sorte, senza questo eccesso di zelo la statua
sarebbe rimasta al suo posto e quindi sarebbe sopravvissuta fino a noi! |
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Questa inedita immagine ipergrandangolare evidenzia il passaggio dietro
i pilastri e il punto in cui, sulla facciata interna del muro, si trova
l'altare e la nicchia in cui la statua lignea di fine '200 trovava
posto; purtroppo la foto sottolinea anche l'inaccettabile stato di
fatiscenza dell'edificio, in cui si indugia letteralmente a proprio
rischio e pericolo.
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Questa sorta di proiezione ipergrandangolare mostra la nicchia sopra
l'altare, con un fotomontaggio della statua in scala corretta partendo
dalla foto di Corbara, e le decorazioni della volta sopra la testa e ai
lati; purtroppo la sensazione di fluttuare nel relitto del Titanic
mutuata dalle condizioni del sito è poco gradevole. Notate che la
nicchia era provvista di un'anta di chiusura in ferro (probabilmente
con un vetro protettivo oggi scomparso) che reca a sbalzo la scritta
B.V. della SALUTE, confermando che questa era proprio la sua
collocazione. |
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Ecco come appariva agli occhi dei fedeli, nella chiesa settecentesca
quando era ancora consacrata e frequentata, prima della guerra, la
statua della Madonna della Salute; l'accesso dietro ai pilastri è
consentito da due aperture abbastanza anguste e, in assenza di
illuminazione artificiale, ci si trova quasi al buio. |
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Questa foto aerea del tempo di guerra mostra l'area degli attuali corso
Saffi, ponte sul Lamone e borgo d'Urbecco dopo un bombardamento; in
realtà a creare il collasso del campanile era stata una mina piazzata
da soldati tedeschi e la caduta della colossale struttura aveva
trascinato con se anche l'abside, lasciando la chiesa con una spettrale
apertura grande quanto l'abside stesso. I resti della statua lignea
oggi conservati furono recuperati proprio fra le macerie del campanile
crollato.
Ironia della sorte, possiamo vedere i campi devastati da crateri di
bombe e gran parte degli edifici di piazza Lanzoni a ridosso del fiume
e dell'ultimo tratto di corso Saffi abbattuti dalle bombe, tuttavia il
ponte sul fiume, vero obiettivo dei raid, è regolarmente in piedi:
tanto disastro e scempio (anche d'arte, come la casa Anconetano e la
relativa cappella affrescata dal pittore barocco bolognese Carlo Maria
Bigari, rasi al suolo) per nulla! Spero che questo affresco sulla chiesa gotica dei Servi, l'importante
luogo di culto faentino esistito dal 1300 al 1720, incontri l'interesse
dei lettori, trattandosi di informazioni spesso inedite e comunque mai
raccolte in un compendium univoco; è un importante capitolo della
storia faentina che rischiava di scivolare nell'oblio, una sciagurata
prospettiva che spero, nel mio piccolo, di avere almeno parzialmente
allontanato.
(Marco Cavina)
Vorrei dedicare questa ricerca alla mia vecchia insegnante di storia
dell'arte del Ginnasio, la Professoressa Beatrice Simboli Montuschi
(molto famosa nell'ambiente anche per le sue colte recensioni); "Bice"
era anche una valida fotografa con la quale ebbi il privilegio, da
ragazzo, di confrontarmi sul campo anche in questo settore; a lei,
purtroppo scomparsa da tempo, va la nostra gratitudine perchè ci ha
inculcato un profondo amore per la storia dell'arte, sebbene a quei
tempi non lo sapessimo ancora!
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ed utilizzata in qualsiasi forma senza in consenso scritto dell'autore stesso.
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