S. Giorgio in Ceparano.
di Luigi Solaroli
Si erge ancora imponente in cima ad un monte, sulla destra
del fiume Marzeno, a circa 10 chilometri da Faenza, verso
Modigliana, un rudere di un fortino medioevale conosciuto col nome
<Torre di Ceparano> simile alla pianta del castello di
Rontana. Una pieve, già ricordata dal Fantuzzi (II, p. 366),
intorno al 970, dedicata a S. Maria in Castro cepariano, era
posta sull'aspro vertice di Ceparano, (castrum Ceparani), con
attorno un castelletto di cui oggi restano i ruderi accennati. Il
castrum era sotto il controllo dei Guidi iniziando, forse, il
dominio su queste terre nei primi decenni del X secolo col
matrimonio tra il capostipite Tegrimo (conte di Palatino di
Toscana, dando origine alla illustre famiglia dei Conti Guidi che
per quattro secoli furono Signori di Modigliana e dintorni), ed
Engelrada, contessa di Modigliana (figlia di Martino duca di
Ravenna e cugina del famoso s. Romualdo fondatore dell'Ordine dei
frati Camaldolesi).
Guido Guerra IV dei conti Guidi, fortificò il vertice del
monte Ceparano presidiato da numerosi armigeri. Il Tolosano
racconta che il 25 Settembre del 1167, i faentini assalirono
Ceparano, demolirono le case, la pieve e le fortificazioni
concedendo che la chiesa fosse riedificata in luogo non fortificato e
di più facile accesso (Mittarelli coll. 320.321). Il conte di
Modigliana, Guido Guerra V nel 1258, intese riprendersi il sito,
ma i faentini lo obbligarono alla resa il 12 Agosto. L'atto della
resa è conservato all'Archivio Vaticano come cita il Muratori
nella sua <Rerum Italicorum Scriptorum>. La famiglia
ghibellina faentina degli Accarisi lo ricostruì. Nel 1313,
Ceparano passò alla famiglia faentina guidata da Francesco
Manfredi, signore di Faenza. Nel 1356, il cardinale Albornoz
conquistando Faenza, fece distruggere parecchi fortilizi fra cui
Ceparano. Astorgio I riprese Faenza nel 1376, e ricostruì il
fortino come testimoniano due lastre di pietra rinvenute entro
una cisterna nei pressi della torre. Una delle lastre porta il
blasone manfrediano composto da un dromedario someggiato ed in
testa un elmo che ha per cimiero una testa di caprone. L'altra
lastra ha lo scritto in latino e caratteri gotici, che così
tradotta dice: "il 13 Febbraio 1378 questo castello fu edificato
per il magnifico signore Astorgio dei Manfredi Signore di
Faenza". Le lastre si trovano nella nostra Pinacoteca Comunale,
acquistate nel 1893 dal direttore prof. F. Argnani e vendute
dalla sig.ra Anna Dal Monte vedova Martini di Forlì (£. 75). Il
fortino seguì le vicende storiche, per cui nel 1500 passò al
Valentino, nel 1503 ai veneziani e nel 1509 alla Chiesa che, nel
1577, causa le frequentazioni dei malviventi che si servivano di
questi castelli abbandonati come base per le loro sortite, ne
decretò l'abbattimento. Avendo i faentini nel 1258,
obbligato la costruzione della chiesa in un luogo non fortificato
e di facile accesso, troviamo nel 1261 una chiesa dedicata a S.
Maria in Insula sorta fra i meandri del rio Albonello, affluente
del Marzeno (Viaggio nelle pievi ) . Nel 1573 la visita del
delegato apostolico Marchesini ricorda la chiesa
di s. Giorgio e precisa che a quei tempi la pieve è noncupata
(cioè chiamata), de Albonello. La chiesa d'oggi sorse a cavallo
del Seicento, in quota più bassa del monte omonimo, arricchita
del titolo pievano col nome di s. Giorgio. Il santo che uccide il
drago, dipinto da ignoto artista, era posto dietro all'altare
maggiore ed era coevo alla chiesa. Un pregevole fonte battesimale
in marmo scolpito con motivi rinascimentali di tipo toscano,
portava l'anno 1474. Esso ornava il colonnato di destra ed oggi è
conservato al Museo Diocesano di Faenza come il dipinto. Il
parroco che nel 1573 reggeva la parrocchia, don Vincenzo dalle
Tombe, fu coinvolto nel turbine dell'Inquisizione con l'accusa di
eresia insieme ad altri religiosi. Subì la detenzione nel
monastero camaldolese di s. Giovanni di Dio (ubicato nella strada
omonima, laterale di via Campidori). Il toponimo Ceparano, forse
di origine fondiaria romana, può sottindere un continuum
insediativo. Il sito serba nel nome memoria delle antiche cave di
"marmo cipollino", di cui fornirono la materia molti monumenti
esarcali.
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