ALLE ORIGINI DI UN CASTELLO MANFREDIANO:
LE STRUTTURE DIFENSIVE TRECENTESCHE DI SOLAROLO
Lucio Donati
Ripetutamente conteso da Imola e Faenza, il Castello di Solarolo
risulta occupato e distrutto nel 1138 dai Faentini, i quali poi lo
ripristinarono nel 1217; indizi toponomastici e tradizione storica
locale ci inducono ad ubicare nei pressi dell’odierno "Borgo Bennoli"
un primitivo insediamento fortificato, ricordato in seguito come
Castellaccio (1).
Dopo tali sporadiche attestazioni, una nota
risalente al 18 settembre 1341 ci informa sui
fortilitia castri eiusdem de novo constructu (2): è
indubbio che qui si fa riferimento al centro storico
attuale, ma probabilmente con dimensioni ridotte, dal momento che entro
il castello dovrà essere traslata la chiesa parrocchiale di S. Maria
Assunta, nel sito dove ancora oggi insiste.
Si e inoltre portati a intendere quel "de novo" nel senso di
allestimento "ex novo", piuttosto che a ripristino di strutture
esistenti; dalla stessa conformazione urbana e dai nomi antichi delle
strade si e già considerato Solarolo quale centro di fondazione
pianificata, insistente su incrocio centuriale romano per il quale è
comunque evidente correzione di asse nei rispettivi cardine e decumano
(3).
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Due
disegni di Romolo Liverani - 1843. La Torre trecentesca, Porta
del Castello (sec. XV) e il Palazzo della Comunità (parzialmente
costruito sulla "Rocca Grande").
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Romolo Liverani, il Castello di Solarolo.
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Significative appaiono oltretutto la tardiva urbanizzazione dell'area
retrostante la piazzetta "Mons. G. Babini" e la particolare
conformazione della via Guasto, probabilmente formatasi su un fossato
dismesso.
Nel versante Sud-Ovest del Castello, la casa proprietà Tampieri, in
angolo fra le vie Guasto e Foschi, è da ritenersi la più antica del
centro urbano ed originariamente forse una struttura difensiva,
considerando tra l'altro i muri a scarpa e il loro spessore alla base
(cm. 60 circa); recenti scavi in occasione di ristrutturazione hanno
messo in evidenza archi di rinforzo nella muratura a Sud, ma terreno
assolutamente vergine e compatto fino alla quota delle fondamenta, per
cui non si è in grado di formulare ulteriori ipotesi.
Facendo presente che il circuito difensivo del castello era costituito
da Palancato (palizzata) fino alla meta del XV secolo circa, occorre
tuttavia ritenere che le strutture difensive solarolesi dovevano
risultare valenti, dal momento che nel 1350 resistettero per alcuni
mesi all'assedio dell'esercito del Durafort; bisogna però portarsi al
1371 per avere notizie dettagliate.
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“Il castello di solarolo, nel quale vi è un fortilizio o rocca; nel
castello dimora un castellano, al servizio della chiesa, con venti
soldati (…) nel castello e nei suoi Borghi vi sono 260 fuochi, inoltre
nei borghi del detto castello è stanziata una compagnia di fanti
composta di venti soldati (…). Cosi recita la nota "Descriptio
Romandiole" del cardinal Anglic de Grimoard; oltre ad un fortilizio,
che identifichiamo nella “Rocca Grande” di cui parleremo, si nominano i
Borghi, individuabili senz'altro in piccoli agglomerati attorno al
castello, tra i quali non può essere annoverato quello che diverrà "il
Borgo" per eccellenza, dal momento che pare essersi formato dopo la
realizzazione del Canale dei Molini, cioè non prima del 1396; una
rimembranza di detti borghi può riscontrarsi attraverso documenti del
XVI secolo, nell'area settentrionale, fra le attuali via Geminiani e XI
Aprile, dove è attestato anche il toponimo “Borghetto”.
Una testimonianza relativa al perimetro originario del castello
potrebbe essere dettata dal ritrovamento di tracce di palizzata sotto
le fondamenta dell'Albergo Centrale, in occasione dello scavo dell'ex
cantina Bianchedi (4).
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LEGGENDA:
1) Molino - fine sec. XIV
2) Rocca Grande - ante 1371
3) Porta del Castello - sec. XV
4) Rivellino - sec. XV
5) Torre (Rocca Piccola - 1382
6) Chiesa di S. Maria Assunta - post. 1341
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È comunque dal 1381 che si hanno più significativi dati, a seguito
della cessione di Solarolo ai Bolognesi da parte di Francesco II
Manfredi, per cui il nostro castello divenne per alcuni anni la
roccaforte del versante a ridosso del fiume Senio, fino
all’approntamento del castrum detto poi Castel Bolognese (5).
Relativamente al solo castello, è da menzionare il rifacimento della
“Palizzata”, nell'anno 1381, avendosi notizia di un tratto di 600 Piedi
e di altro di 312: complessivamente, alla misura bolognese, sommano a
circa 346 metri, corrispondenti forse all'intero perimetro del tempo,
anche per il fatto che nell'anno seguente vengono riparati non meglio
specificati "borghi", senz'altro gli stessi del 1371 e certamente
fortificati anch'essi (6).
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RILIEVI DEI RESTI DELLA ROCCA
IN BASE A DISEGNO DEL 1794.
1) Fondamenta o muri perimetrali
2) Torre
3) Rivellino o guardiola
4) Porta del Castello
5) Mura del Castello |
Nel 1382 un capomastro lignario ripara la
Porta Nuova del castello e nel 1391 si ordina la guardia alle Porte,
quindi gli ingressi dovevano essere due, sicuramente uno sul lato Ovest
e l'altro forse, contrapposto, nel versante a Est.
Sufficientemente documentato appare il sistema difensivo ideato dai
Bolognesi che conformemente ad altri centri emiliani a loro
soggetti, prevedeva la ristrutturazione della Rocca esistente, definita
Magna cioè grande, e l'erezione di una Rocca Parva, cioè piccola, a
difesa dell'ingresso al castello: quest'ultima viene allestita fra 1381
e 1382 e deve essere identificata con la Torre rimasta intatta fino al
1945.
II progetto è da attribuire probabilmente al capomastro o
ingegnere Lorenzo da Bagnomarino, che vediamo impegnato qualche anno
dopo nella edificazione di Castel Bolognese; e cosi che nel maggio 1382
si nomina il castellano della Rocca Piccola e Nuova.
D'altra parte analizzando la
pianta della "Rocca manfrediana" (7), la Tone presenta un anomalo
orientamento rispetto al muro a Sud che in parte è ancora in essere e
queste due strutture non presentano, nel versante esterno, tracce
evidenti di immorsatura, tanto meno di continuità costruttiva; sarebbe
necessaria una accurata analisi delle murature, ma è evidente che la
Torre doveva preesistere ai restanti corpi di fabbrica. Non è chiaro,
comunque, quali fossero le strutture che permettevano l'accesso alla
Torre medesima.
Ancora, per la fine del Trecento, si menzionano le due Rocche dotate di
fossato proprio, anche se questi saranno stati certamente comunicanti.
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Credo, a seguito di tali testimonianze, non si debba dare più credito
alla tradizione che attribuisce ad Astorgio I Manfredi, intorno al
1377, l'inizio della costruzione della Rocca "piccola", seppure
relativamente ai soli lati Sud e Ovest; la fabbrica sarà poi completata
intorno alla metà del secolo XV, probabilmente nel 1466 (8). Fra 1382 e
1385 si pone mano alla sistemazione della Rocca Grande, che
porta all’abbattimento di case circostanti e che si conclude con la
copertura de “Lo Palazo e le caxe dela Rocha”.
Una vera ristrutturazione sembra avvenire nell'anno 1393, poiché si
parla di demolizioni e riedificazioni; nell'occasione sono inviati da
Bologna diversi capomastri, tra cui il noto Antonio di Vincenzo, ma la
soprintendenza alle opere deve essere attribuita all'ingegnere Giovanni
di Guglielmo da Siena, poiché un documento del 1405 ci testimonia
sostanziosi pagamenti, in denaro e terreni, da parte di Baldassarre
Cossa, per “il molino e la Rocca Magna di Solarolo (9).
La Rocca di Solarolo (Disegno di Gregorio Manzoni, 1724).
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Non ostante i succitati lavori alla Rocca grande, ritengo che l'attiguo
stradello detto "del Guasto" abbia ricevuto il nome nel corso del
secolo successivo, in seguito allo smantellamento della Rocca stessa e
relativo fossato "interne"; il vocabolo, d'altra parte, è sinonimo di
rivolgimento urbanistico ed è presente e ben documentato in molti altri
centri quali Castel S. Pietro Terme, Imola e Faenza. Aggiungo, per
maggior chiarezza, che questa Rocca occupava in parte l'edificio che
diverrà Palazzo della Comunità; indizio evidente è costituito dalla
conformazione della cinta muraria a Ovest che, realizzata nel secolo
XV, andò a inglobare la Rocca dismessa; analizzando poi disegni e
vecchie fotografie, si nota che il Palazzo municipale, cioè la ex Rocca
grande, presenta una struttura muraria completamente diversificata
dalla cinta suddetta.
Altro dato interessante ci è fornito nel 1411, quando fu realizzato il
“ricetto fuori dalla Rocca Grande e dalla Torre Nuova di sotto da
Solarolo” (10): la struttura si può ubicare nel sito dove fu realizzata
la Porta quattrocentesca, mentre il Rivellino o Guardiola conservatosi
fino all'Ottocento appartiene anch'esso alla fase costruttiva
manfrediana del secolo XV. In definitiva, pur tenendo presente quanto
detto, è pertinente considerare "manfrediana" la Rocca di cui rimane
oggi lo spezzone della Torre, poiché in effetti ai Manfredi di Faenza
spetta il completamento e l'abbellimento, prima della ristrutturazione
voluta da Isabella d'Este nel terzo decennio del Cinquecento.
NOTE
1) L. Donati, Note di topografia antica per I'alta pianura tra Senio e Santerno, in «Storie per un Millennio», 1996.
2) G. B. Mittarelli, Ris.: da Archivio Capitolare di Faenza.
3)M.A. Bocchini Varani, Centri e centurie nella pianura bolognese e
romagnola, 1984 - S. Galegati, Morfologia del territorio e formazione
dei centri urbani nella pianura romagnola, 1994.
4)Testimonianza diretta del sig. G. B. Tampieri; l'edificio si trova fra le vie Fioroni, Beltrani e Geminiani.
5) L. Donati, L'area solarolese dal Xal XIV secolo, in «Pagine di vita e storia imolesi», 1990.
6) Per questa e le seguenti fonti si veda in Archivio di Stato di
Bologna, Governo del Comune, in particolare nei fondi Provvigioni
cartacee, Ufficio dei fortilizi e di munizioni dei castelli, Ufficio
per la condotta degli stipendiari.
7) A questo proposito è fuorviante la pianta prodotta da Federico
Argnani nel 1886, mentre più verosimile e quotato è un rilievo del 1794
prodotto dal perito solarolese Luigi Beltrani (Archivio di Stato di
Ravenna, Sezione di Faenza, notarile di Faenza, vol. 4920). Si è
ricorso ovviamente alle mappe catastali dei secoli XIX e XX;
particolarmente utili rilievi della Torre effettuati fra 1940 e 1946
(Archivio Comunale Solarolo).
8) La data 1466 era scolpita su bifora marmorea collocata nel lato Est
della Rocca, smantellata tra fine Seicento ed inizio Settecento.
9) Archivio di Stato di Bologna, Governo del Comune, Liber Fantaccini, pergamena n° 293.
10) la locuzione "di sotto", come si riscontra in quegli anni anche per
Castel Bolognese a proposito della Rocca, non indica il Nord, come
sarebbe corretto idrograficamente, ma l'Ovest.
LA STORIA DEL CASTELLO DI SOLAROLO
da “Rocche e Castelli di Romagna” |
Si ha notizia di castrum Solaroli
sin dal 993 allorché era soggetto alla Chiesa imolese. Nel 1138,
lacerato dalle lotte intestine tra Filgiraldi e Guglielmi, venne
occupato e distrutto completamente dai Faentini(1). Ricostruito nel
1228 dai Forlivesi, venne nuovamente occupato dai Faentini 1235, ai
quali restò soggetto fino al 1272, allorché fu occupato da Guido da
Montefeltro. Cobelli racconta « Li forlovesi, li quali erano in lega
con li Acarisii, intesero che quelli della parte de' Manfredi, li quali
erano forosciti de Faencia, facevano un grande guarnimento di gente, e
volevano andare a un castello chiamato Solarolo, perché gli avean el
tratatto con quelli homini. E quelli della parte d'Acarisio mandoro per
forlivesi, e subito lo conte Guido de Monte Feltro capitano forlovese
cavalcoro con la parte d'Acarisio mandoro con li forlovesi, e subito lo
conte Guido e presero el dicto castello: et tucti quelli che foro
trovati con le robe foro robate. E in quelli dì fo morto illì misser
Beltradus iudice, e fo preso frate Alberico de' Manfredi, Ghirardino de
Mezofrate, Rodulfo de' Rignicini, frà Guido Tomai, Manfredo de'
Marcianesi, Ugo Pedono de Bagna, Filippo Cagnolo, e molti altri de la
parte de' Manfredi ». Tuttavia l'anno seguente era nuovamente in
possesso dei Manfredi a cui fu preso dagli Accarisi alla testa dei
ghibellini forlivesi, e atterrato. Nel 1329 era soggetto a Francesco
Manfredi, che poco prima aveva ricostruito la rocca, e nel 1350 si
arrese, dopo due mesi di assedio, al Durafort per conto dei Visconti i
quali, nel 1361, furono costretti a consegnarlo alla S. Sede. Dieci
anni dopo, censisce l'Anglico, « Castrum Solaroli in quo est
Fortalitium seu Rocca ad cujus custodiam moratur unus Castellanus pro
Ecclesia cum XX paghis », alla quale venne però tolto dai Manfredi nel
1377. Impossessatosene il Comune di Bologna, nel 1399 tornò soggetto ai
Manfredi per il tradimento del castellano, così almeno è quanto scrive
un anonimo cronista bolognese: « Et allora Guasparo de Bernardino,
capitano del castello de Solarolo, dè el dicto castello ad Astore de'
Manfridi, signore de Faenza, a posta de Antonio dalle Chaxelle merzaro;
per la qual casone li dicti Guasparo et Antonio funo banditi per
tradituri et depinti in piazza et alle principale porte della città et
al bordello et in molti altri luoghi ». II castello restò così soggetto
ad Astorgio fino a che Alberigo da Barbiano, nel 1404, l'occupò; lo
prese l'anno seguente il cardinale Cossa e quattro anni dopo, assediato
dai Forlivesi, si arrese a Pino Ordelaffi. Nel 1426, tuttavia, era
nuovamente in mano ai Manfredi che lo tennero fino al 1494; prima
intanto, nel 1466, Astorgio Manfredi vi aveva costruito una nuova
rocca.
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Romolo Liverani, entrata al Castello. Solarolo oggi.
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La Torre esistente prima della seconda guerra mondiale.
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Nel 1494 il castello passò soggetto al Duca di Milano, quindi ai
Riario-Sforza finché venne occupato da Cesare Borgia. Se ne
impossessarono nel 1505 i Veneziani che quattro anni dopo se lo videro
togliere da Giovanni Sassatelli per la S. Sede; « Al prefacto Solerollo
» annota brevemente il Bernardi « primo castello prese dala lega nel
teritorio dela ciptà de Faientia, corande gli anne dal Signor 1509, a
dì 23 dal mese d'aperile, die lune, i andò al canpo de dita lega, per
mode che in brevità lore l'abeno d'acorde, salve persone e lore robe ».
Nel 1512 si arrese ai Francesi di Gastone di Foix, come ricorda ancora
Bernardi: « Dapo’ queste, a dì 29 dite, die mercurio, se partì al canpe
deli dite Franzose da Mordano e vene a metre canpe a Solerolle dal
contà de Faienza. E qui l'abe d'acorde, che non se trese se ne una bota
de pasavolante in dita sova roca, la quale aveva la palota di fere per
mode che la era di groseza quante voltaria une pede. E qui pasò cercha
xij teste dal dite so mure dela roca, e lì fu salve la roba e persona
»; ma evidentemente il cronista forlivese fu male informato perché il
castello venne saccheggiato.
Tornò infine, e per sempre, soggetto alla
S. Sede. Del castello restano notevoli tratti della cinta muraria e la
porta occidentale recentemente restaurata. Fino alla primavera del 1945
esisteva ancora, di fianco alla porta, il maschio della rocca che poi
bombardamenti e mine hanno distrutto completamente. La rocca, secondo
l'Argnani, «consisteva in un grande quadrato; il suo ingresso posto
all'angolo sud-est era difeso da una cortina dalla quale, mediante un
ponte levatoio, si aveva l'accesso al corpo di guardia: la cortina era
anche protetta da un rivellino. La facciata sud era munita di
un'altissima torre e all'angolo sud-ovest si alzava pure un fortissimo
bastione con maschio in mezzo che lo superava. La facciata a levante
aveva nell'angolo nord-est un torrione quadrate e la cinta della
conseguente facciata terminava col lato di un imponente corpo di
fabbrica congiungendosi al grande bastione ».
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NOTA
1) Così il Tolosani: « Cum omnia castella comitatus
Ymole Faventinis pro posse resisterent et modis [omnibus] offendere
niterentur, proceres et alii, qui in castro Solaroli habitabant, huius
nequaquam erant inmunes nequicie; nam multociens usque ad Sanctum
lulianum in Faventinos insultum facientes, si quem inveniebant, capere
aut interficere nullatenus formidabant; strata vero in odium civium
sepe depredabatur; quibus Faventini tristem pro meritis vicem quandoque
reddebant. Sub anno itaque Domini MCXXXVIII proceres, qui vocabantur
Filguirardi, et alii, qui dicebantur Guilielmi, quadam die maximum
inter se conmiserunt prelium, et, quodam ignem inponente, totum, eorum
exigentibus meritis, conbustum est castrum; quod infra VIII dies
Faventini penitus destruxerunt ».
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