Il Fonte Monumentale

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Descrizione del Fonte Monumentale


di Stefano Saviotti

da: 2001 Romagna, n° 141, dicembre 2013


La Fontana Monumentale fu realizzata nel 1621 su progetto del domenicano Padre Domenico Paganelli e disegno esecutivo di Domenico Castelli, detto il Fontanino. E’ composta di una vasca esagonale in pietra d’Istria posta sopra tre gradoni; al centro si eleva il fusto a pianta triangolare culminante con un grande catino, dal quale sgorga lo zampillo principale. Gli elementi di maggiore interesse artistico sono i bronzi, fusi a Recanati dai fratelli Pietro Paolo e Tarquinio Jacometti e da Giovan Battista Vitali. I pezzi di bronzo comprendono sei mascheroni sulle pareti della vasca, sei draghetti (uno purtroppo è stato rubato e si attende la posa di una sua riproduzione), tre grandi leoni rampanti, tre teste sotto le iscrizioni e tre sopra di esse, tre aquile con mascheroni e conchiglie, tre draghi più grandi agli angoli del fusto e altri elementi minori.
I leoni rampanti rappresentano non solo la città di Faenza, ma anche i Legati di Romagna cardinali Vercelli e Rivarola, sotto i quali l’opera fu iniziata e compiuta, essendo presenti nei loro stemmi di famiglia; i draghi compaiono nell’arma dei Papi Gregorio XIII (1502-1585) e Paolo V (1504-1572), mentre le aquile si trovano negli stemmi sia di Paolo V che del Rivarola (1575-1627). Vi è quindi un intreccio di simboli per nulla casuale, ma che anzi rappresenta tutte le figure che promossero la costruzione dell’acquedotto faentino nell’arco di quarant’anni.
In origine la fontana era protetta da un’alta inferriata, posta intorno alla gradinata, opera del fabbro imolese Domenico Gamberini, mentre due fontanelle esterne permettevano ai cittadini di utilizzare l’acqua senza causare danni al monumento; tale inferriata fu rimossa dopo i restauri del 1896 e divisa in cinque parti che furono collocate in Duomo, al Liceo Classico, all’Istituto d’Arte per la Ceramica, nella scala esterna del Palazzo del Podestà e nel Palazzo delle Esposizioni.
Questo elegante esempio di fontana barocca rappresenta però solo la parte terminale e visibile di un ingegnoso acquedotto sotterraneo, che grazie alla sola forza di gravità portava l’acqua in città da una fonte distante circa quattro chilometri, posta ai piedi delle prime colline appenniniche. L’opera, iniziata il 15 giugno 1583, fu sospesa nel 1585 per problemi finanziari, e ripresa solo nel 1614 su iniziativa del cardinale Rivarola grazie all’imposizione di una tassa speciale. Il 26 ottobre 1617 l’acqua finalmente sgorgò da una colonna posta al principio del loggiato del Comune, e quattro anni dopo fu inaugurata la Fontana Monumentale. Sotto di essa si trova una cantina circolare, con un grosso pilastro centrale che sorregge il monumento. In origine, il sotterraneo serviva per la manutenzione delle tubature interne, ma oggi ospita anche le pompe ed altri impianti tecnici. Un tempo, il getto che sgorgava in cima alla Fontana non aveva solo uno scopo estetico: nel catino o tazza superiore vi erano infatti alcuni fori, dai quali l’acqua usciva andando incontro a destini diversi. Alcuni scarichi alimentavano gli zampilli inferiori (aquile, mascheroni, draghi e draghetti), altri invece inviavano l’acqua a tre fontane minori, sparse per la città, così che anche i quartieri più lontani potessero usufruirne. Vi erano anche alcune utenze private, concesse solo a personalità di spicco come il Vescovo o il marchese Spada, oppure a istituti come il Seminario o l’Ospedale Infermi. Sia la Fontana che l’acquedotto richiedevano però una costante manutenzione, in mancanza della quale la città rischiava di restare senz’acqua; il calcare inoltre ricopriva in pochi anni marmi e bronzi, incrostando l’intero monumento. Nel 1718 la vasca addirittura si aprì, rovesciando l’acqua sulla piazza, per cui si rese urgente un profondo consolidamento della struttura; un altro restauro con ripulitura avvenne nel 1841, e fu testimoniato da una nuova iscrizione sul fusto della fontana, in aggiunta alle due originarie. Nel 1896 la tazza superiore e la cornice sottostante furono rifatte, e i bronzi furono ancora una volta ripuliti dal calcare. Pochi anni dopo fu costruito il nuovo acquedotto cittadino, alimentato da una cospicua vena d’acqua trovata durante lo scavo della galleria ferroviaria degli Allocchi nell’alto Appennino; le fontane minori furono così allacciate a esso, al pari dei privati cittadini che finalmente poterono avere l’acqua in casa. Il vecchio acquedotto del Seicento, ormai non più indispensabile, continuò ad alimentare per qualche decennio solo la Fontana Monumentale e le poche vecchie utenze private, finché intorno al 1930 fu definitivamente abbandonato poiché la sua manutenzione era divenuta troppo costosa. Nel 1931 la Fontana fu nuovamente restaurata, allacciata al nuovo acquedotto e dotata di una pompa di ricircolo dell’acqua. Con il più recente restauro, nel 1994, oltre al consolidamento strutturale e al restauro scientifico degli ornati di marmo e bronzo, si è provveduto al rifacimento dell’impianto idraulico e di ricircolo dell’acqua.





"Una fontana del cinquecento taceva inaridita, la lapide spezzata nel mezzo del suo commento latino" Dino Campana, Canti Orfici


La "Fontana" xilografia del 1924 di Alfredo Morini (1894 - 1984) da: "Xilografia", rivista fondata e diretta da Francesco Nonni.


Il Fonte Monumentale alla fine dell'Ottocento in un dipinto del faentino Tomaso Dal Pozzo.


Draghi e draghetti, aquile e leoni sono i simboli iconografici che fanno bella mostra sul Fonte Monumentale, a ricordo di coloro che contribuirono alla sua realizzazione.

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